I MITI UNIVERSALI – 2° Parte
CIELO-UOMO-TERRA: L'UNITÀ DEL MONDO NEL TAOISMO
di Carlo Moiraghi
La mitologia cinese ci aiuta a riscoprire, attraverso il simile, la fondamentale identità della Vita in ogni sua manifestazione materica, energetica, spiritica, ossia la Terra, l'Uomo, il Cielo.
"Il Cielo e la Terra sono di una bellezza maestosa, ma non ne parlano; le quattro stagioni si succedono secondo una legge evidente, ma non ne discutono; a tutti gli esseri presiede un ordine costitutivo, ma essi non lo formulano. Il santo va alle origini della bellezza della Terra e del Cielo e penetra l'ordine costitutivo di tutti gli esseri... Qualcosa di supremamente divino e luminoso si trasforma con le cento metamorfosi del mondo. Gli esseri di quaggiù sono sottomessi fin dalle origini alle metamorfosi in morte e in vita, in quadrato e in circolo, e ignorano la loro comune radice; perché è così che questi esseri esistono naturalmente dall'Antichità ai nostri giorni. Lo spazio che si trova tra i sei punti cardinali, benché immenso,è contenuto in Lui; la lanugine autunnale benché minuscola riceve la sua forma da Lui. Tutti gli esseri scompaiono e appaiono e si rinnovano incessantemente nel corso della loro vita. L'oscurità e la luce e le quattro stagioni si alternano secondo un ordine regolare. Tenebroso e sfuggente,è l'esistenza stessa; in origine senza forma è trascendente.
Tutti gli esseri del mondo che lo posseggono in sé ignorano, tuttavia, la sua esistenza. Viene chiamato la radice dell'universo. Colui che conosce questa radice comune è degno di osservare il Cielo."
Chuang-tzu
La tradizione taoista e i profondi occhi antichi hanno a lungo valutato la genesi dell'universo, la prima lontana generazione che dal Vuoto portò al Caos e alla primigenia totale Forza Totale, da cui l'origine degli esseri. Quest'ultimo concetto ritorna da molte tradizioni antiche, l'attuazione del mondo sensibile a prezzo della morte del primigenio, dell'indifferenziato, del totale. Seppure con profonda analogia con il mito della genesi giudaico-cristiana, qui la tradizione cinese trascende ogni valutazione di merito; equidistante tra nascita e morte, radicata solamente nel mutamento e nel divenire, testimone dell'atto.
"Il sovrano del Mare del Sud aveva nome Rapidità, il sovrano del Mare del Nord aveva nome Improvviso, il sovrano del Centro aveva nome Indistinzione. Un giorno Rapidità e Improvviso si erano incontrati nel paese di Indistinzione che li aveva trattati con grande benevolenza. Rapidità e Improvviso vollero ricompensare la sua accoglienza e si dissero: "Ogni essere possiede sette orifizi, gli servono per vedere, ascoltare, mangiare, respirare. Indistinzione non ne ha alcuno. Proviamo a fargli dei buchi. " Si misero all'opera e gli praticarono un orifizio al giorno. Il settimo giorno Indistinzione morì."
La tradizione taoista e i profondi occhi antichi hanno a lungo valutato la genesi dell'universo, la prima lontana generazione che dal Vuoto portò al Caos e alla primigenia totale Forza Totale, da cui l'origine degli esseri. Quest'ultimo concetto ritorna da molte tradizioni antiche, l'attuazione del mondo sensibile a prezzo della morte del primigenio, dell'indifferenziato, del totale. Seppure con profonda analogia con il mito della genesi giudaico-cristiana, qui la tradizione cinese trascende ogni valutazione di merito; equidistante tra nascita e morte, radicata solamente nel mutamento e nel divenire, testimone dell'atto.
"Il sovrano del Mare del Sud aveva nome Rapidità, il sovrano del Mare del Nord aveva nome Improvviso, il sovrano del Centro aveva nome Indistinzione. Un giorno Rapidità e Improvviso si erano incontrati nel paese di Indistinzione che li aveva trattati con grande benevolenza. Rapidità e Improvviso vollero ricompensare la sua accoglienza e si dissero: "Ogni essere possiede sette orifizi, gli servono per vedere, ascoltare, mangiare, respirare. Indistinzione non ne ha alcuno. Proviamo a fargli dei buchi. " Si misero all'opera e gli praticarono un orifizio al giorno. Il settimo giorno Indistinzione morì."
Chuang-Tzu
Un antico mito taoista sull'origine ci ripropone la morte come fondamento degli equilibri di vita del cosmo, che ricorda profondamente il mito greco di Gaia e Urano.
"L'unione del Cielo e della Terra, quando quest'ultima non era che un globo di acque, generò un uovo da cui nacque Pan Gu, l'uomo. L'uomo nacque così dal Cielo e dalla Terra e crebbe posto tra loro. Crebbe tanto da separarli: spinse il Cielo in alto e la Terra in basso. Pan Gu stava nel mezzo. Poi le sue membra troppo provate si ruppero in pezzi e si sparsero cadendo sul globo di acque. Nacquero così le terre e i continenti del mondo."
Questo mito ci riporta a un altro concetto taoista: l'origine e l'equidistanza dell'uomo dal Cielo e dalla Terra.
L'uomo vive librandosi nel Cielo, solamente appoggiato sulla Terra, e dal Cielo e dalla Terra trae origine e nutrimento. L'essere umano è raffigurato come rapporto, tensione, ponte tra due strutture che lo compongono: l'una a forma squadrata, l'altra a forma arrotondata.
Sono il Quadrato ed il Cerchio, la Terra ed il Cielo, lo Spazio ed il Tempo, il Corpo e la Mente, la Materia e l'Energia, la Quantità e la Qualità, lo Yin e lo Yang.
L'uomo rappresenta la sintesi di queste due categorie, il superamento quindi del dualismo tra materia e spirito.
La vita umana si svolge dalla nascita alla morte nel segno della verticalizzazione della struttura.
Durante la vita, cioè, le due polarità interagiscono in maniera precisa e scandiscono i tempi della vita stessa.
Alla nascita la struttura appare orientata orizzontalmente, durante la vita essa tende ad orientarsi sempre più verticalmente.
Il Cielo dell'uomo tende al Cielo sovrastante da cui proviene, la Terra dell'uomo tende alla Terra sottostante da cui proviene. La vita è questa tensione verso l'alto e verso il basso, la morte è la fine della tensione, l'orientamento verticale raggiunto. Il Cielo torna al Cielo, la Terra alla Terra, l'uomo termina questa sua esistenza. L'uomo possiede dunque in sé Cielo e Terra. Meglio, egli è Cielo e Terra.
Il particolare cammino della vita di ogni uomo esprime l'irripetibile unione che Cielo e Terra assumono in lui.
Di qui il bisogno di guardare dentro di noi per comprendere ciò che ci circonda, di qui il bisogno di saper scoprire intorno a noi ciò che è manifesto e ciò che è nascosto, sottoposti entrambi all'unica legge di natura.
Una lunga strada da percorrere con amore, umiltà e costanza.
Un antico mito taoista sull'origine ci ripropone la morte come fondamento degli equilibri di vita del cosmo, che ricorda profondamente il mito greco di Gaia e Urano.
"L'unione del Cielo e della Terra, quando quest'ultima non era che un globo di acque, generò un uovo da cui nacque Pan Gu, l'uomo. L'uomo nacque così dal Cielo e dalla Terra e crebbe posto tra loro. Crebbe tanto da separarli: spinse il Cielo in alto e la Terra in basso. Pan Gu stava nel mezzo. Poi le sue membra troppo provate si ruppero in pezzi e si sparsero cadendo sul globo di acque. Nacquero così le terre e i continenti del mondo."
Questo mito ci riporta a un altro concetto taoista: l'origine e l'equidistanza dell'uomo dal Cielo e dalla Terra.
L'uomo vive librandosi nel Cielo, solamente appoggiato sulla Terra, e dal Cielo e dalla Terra trae origine e nutrimento. L'essere umano è raffigurato come rapporto, tensione, ponte tra due strutture che lo compongono: l'una a forma squadrata, l'altra a forma arrotondata.
Sono il Quadrato ed il Cerchio, la Terra ed il Cielo, lo Spazio ed il Tempo, il Corpo e la Mente, la Materia e l'Energia, la Quantità e la Qualità, lo Yin e lo Yang.
L'uomo rappresenta la sintesi di queste due categorie, il superamento quindi del dualismo tra materia e spirito.
La vita umana si svolge dalla nascita alla morte nel segno della verticalizzazione della struttura.
Durante la vita, cioè, le due polarità interagiscono in maniera precisa e scandiscono i tempi della vita stessa.
Alla nascita la struttura appare orientata orizzontalmente, durante la vita essa tende ad orientarsi sempre più verticalmente.
Il Cielo dell'uomo tende al Cielo sovrastante da cui proviene, la Terra dell'uomo tende alla Terra sottostante da cui proviene. La vita è questa tensione verso l'alto e verso il basso, la morte è la fine della tensione, l'orientamento verticale raggiunto. Il Cielo torna al Cielo, la Terra alla Terra, l'uomo termina questa sua esistenza. L'uomo possiede dunque in sé Cielo e Terra. Meglio, egli è Cielo e Terra.
Il particolare cammino della vita di ogni uomo esprime l'irripetibile unione che Cielo e Terra assumono in lui.
Di qui il bisogno di guardare dentro di noi per comprendere ciò che ci circonda, di qui il bisogno di saper scoprire intorno a noi ciò che è manifesto e ciò che è nascosto, sottoposti entrambi all'unica legge di natura.
Una lunga strada da percorrere con amore, umiltà e costanza.
"I piedi dell'uomo non occupano che un piccolo spazio di terra, ed è grazie a tutto lo spazio che non occupa che l'uomo può camminare sulla terra immensa.
L'intelligenza dell'uomo non penetra che un particolare della verità, ma è grazie a ciò che non penetra che l'uomo può comprendere il cielo. "
Chuang-Tzu
Gaia: il sogno della Terra Una
di Mirella Costa Risé
Gaia apparsa, secondo Esiodo, dopo il Caos è la materia primordiale, è "l’eterno e indistruttibile sostegno di tutte le cose". All’inizio era il Caos, luce ed oscurità, mare e terra mescolati in un insieme senza forma; dopo un po', questo grande insieme incoerente assunse la forma della grande Gaia, la dea dai profondi seni. Essa esisteva prima dell’inizio del tempo, infatti il Tempo era uno dei suoi figli. Nel buio senza tempo Gaia desiderò essere amata e generare, e si creò un figlio, Urano, il Cielo, così grande da poterla abbracciare. Per mezzo di questa unione la Dea generò innumerevoli creature tra cui i Titani, i Ciclopi, Ponto, il dio del mare, ed infine Cronos, il Tempo. Urano era avverso ai figli di Gaia ed Essa fu costretta a racchiuderli dentro di sé al riparo dalla distruttività di Urano, fino a che il suo ventre oscuro divenne troppo pesante.
Gaia allora creò un nuovo utensile, un falcetto a denti di sega. Cronos ricevette lo strumento dalle mani della madre e si nascose ad aspettare. Urano, nella notte cosmica, arrivò nascosto dalle nubi e Cronos lo sorprese mentre cercava di penetrare la madre e gli strappò i genitali con il falcetto. Il sangue piovve su Gaia ed Essa ne fu fecondata, nacquero così le Erinni, i Giganti e le Ninfe dell’albero di frassino: le Melie da cui generò l’umanità.
Questo è un racconto archetipico con cui i Greci simboleggiavano la creazione di questo pianeta e della sua evoluzione. Questo linguaggio analogico rispecchia la stessa successione di eventi accertati dalla scienza contemporanea: la creazione della prima atmosfera (Urano) che permette la generazione dei primi esseri unicellulari nel mare (Ponto) fino a creature gigantesche come i grandi sauri, e poi ancora l’apparire della memoria (il tempo), del barlume di coscienza che tutti gli esseri possiedono e che permetterà loro di potersi difendere dagli aggressivi raggi cosmici, ossia di rendere inoffensivo Urano.
Proprio perché Madre del tempo, Gaia rimase in tutte le epoche la profetessa primordiale, ispiratrice degli oracoli di Delfi, dove veniva rivelato il futuro e il passato. I Greci veneravano Gaia depositando su alcune sacre fenditure nella terra delle offerte di grano, frutti e miele, esprimendo così la loro naturale gratitudine a colei che li nutriva. L'atteggiamento apparentemente ingenuo di personificare la Terra e di tributarle offerte con il gesto poetico dell’offerta, si rivela, soprattutto oggi, molto più saggia e lungimirante dell’atteggiamento razionale e predatorio che segna il nostro modo di pensare.
Molte bambine si chiamano ora Gaia, nome desueto da ormai duemila anni. Tutti si sono messi a sognare questa fanciulla, personificazione della Terra: verde, piena di acque, fertile, bella e dai molti climi. Cosa vorrà questa fanciulla che si è introdotta nelle nostre fantasie? Nelle fiabe classiche, quando appare una fanciulla, è perché molto spesso è in pericolo, e affronterà molte avventure prima di venire salvata. Gaia è apparsa nella nostra psiche per farci sapere che esiste, che è un essere di grande bellezza proprio come il nostro pianeta, anche se l’uomo non ha l’immaginazione sufficiente per percepirlo come un essere unitario, cosa senz'altro più facile da farsi con una ragazza di nome Gaia.
Del resto cos’è la Terra? E' un grande pezzo della natura e la natura da sempre è femminile, non solo come materia, ma come la sentivano gli antichi: personificata, con una sua anima, di solito una divinità venerata e amata. Gaia è l’ambasciatrice della Terra dentro di noi. Come Bliss nel romanzo di Asimov gli ambasciatori innanzitutto vanno ascoltati. E poi, cosa ancor più saggia, va stabilito con loro un patto di amicizia. Noi esseri umani possiamo dare o no la parola a Gaia, che prima stava muta nel nostro inconscio.
Gaia apparsa, secondo Esiodo, dopo il Caos è la materia primordiale, è "l’eterno e indistruttibile sostegno di tutte le cose". All’inizio era il Caos, luce ed oscurità, mare e terra mescolati in un insieme senza forma; dopo un po', questo grande insieme incoerente assunse la forma della grande Gaia, la dea dai profondi seni. Essa esisteva prima dell’inizio del tempo, infatti il Tempo era uno dei suoi figli. Nel buio senza tempo Gaia desiderò essere amata e generare, e si creò un figlio, Urano, il Cielo, così grande da poterla abbracciare. Per mezzo di questa unione la Dea generò innumerevoli creature tra cui i Titani, i Ciclopi, Ponto, il dio del mare, ed infine Cronos, il Tempo. Urano era avverso ai figli di Gaia ed Essa fu costretta a racchiuderli dentro di sé al riparo dalla distruttività di Urano, fino a che il suo ventre oscuro divenne troppo pesante.
Gaia allora creò un nuovo utensile, un falcetto a denti di sega. Cronos ricevette lo strumento dalle mani della madre e si nascose ad aspettare. Urano, nella notte cosmica, arrivò nascosto dalle nubi e Cronos lo sorprese mentre cercava di penetrare la madre e gli strappò i genitali con il falcetto. Il sangue piovve su Gaia ed Essa ne fu fecondata, nacquero così le Erinni, i Giganti e le Ninfe dell’albero di frassino: le Melie da cui generò l’umanità.
Questo è un racconto archetipico con cui i Greci simboleggiavano la creazione di questo pianeta e della sua evoluzione. Questo linguaggio analogico rispecchia la stessa successione di eventi accertati dalla scienza contemporanea: la creazione della prima atmosfera (Urano) che permette la generazione dei primi esseri unicellulari nel mare (Ponto) fino a creature gigantesche come i grandi sauri, e poi ancora l’apparire della memoria (il tempo), del barlume di coscienza che tutti gli esseri possiedono e che permetterà loro di potersi difendere dagli aggressivi raggi cosmici, ossia di rendere inoffensivo Urano.
Proprio perché Madre del tempo, Gaia rimase in tutte le epoche la profetessa primordiale, ispiratrice degli oracoli di Delfi, dove veniva rivelato il futuro e il passato. I Greci veneravano Gaia depositando su alcune sacre fenditure nella terra delle offerte di grano, frutti e miele, esprimendo così la loro naturale gratitudine a colei che li nutriva. L'atteggiamento apparentemente ingenuo di personificare la Terra e di tributarle offerte con il gesto poetico dell’offerta, si rivela, soprattutto oggi, molto più saggia e lungimirante dell’atteggiamento razionale e predatorio che segna il nostro modo di pensare.
Molte bambine si chiamano ora Gaia, nome desueto da ormai duemila anni. Tutti si sono messi a sognare questa fanciulla, personificazione della Terra: verde, piena di acque, fertile, bella e dai molti climi. Cosa vorrà questa fanciulla che si è introdotta nelle nostre fantasie? Nelle fiabe classiche, quando appare una fanciulla, è perché molto spesso è in pericolo, e affronterà molte avventure prima di venire salvata. Gaia è apparsa nella nostra psiche per farci sapere che esiste, che è un essere di grande bellezza proprio come il nostro pianeta, anche se l’uomo non ha l’immaginazione sufficiente per percepirlo come un essere unitario, cosa senz'altro più facile da farsi con una ragazza di nome Gaia.
Del resto cos’è la Terra? E' un grande pezzo della natura e la natura da sempre è femminile, non solo come materia, ma come la sentivano gli antichi: personificata, con una sua anima, di solito una divinità venerata e amata. Gaia è l’ambasciatrice della Terra dentro di noi. Come Bliss nel romanzo di Asimov gli ambasciatori innanzitutto vanno ascoltati. E poi, cosa ancor più saggia, va stabilito con loro un patto di amicizia. Noi esseri umani possiamo dare o no la parola a Gaia, che prima stava muta nel nostro inconscio.
Il mito originario: l'albero del giardino di Dio
Non cercare il paradiso fuori di te... tu stesso sei il giardino di Dio. Kabir, mistico indiano
Dell’albero su cui gli uccelli dalle belle piume gustandone i frutti fanno il loro nido, la cima porta il frutto più dolce, che nessuno può raggiungere senza conoscere il Signore. Dal "Rig Veda"
L'alba della cultura umana inizia, secondo Joseph Campbell, circa 15.000 anni fa con il mito evolutivo dell'albero e del serpente. L’essenza del mito, differenziato in infinite varianti, è che l'essere umano può diventare un fiore del giardino di Dio, che ogni essere umano, se ristabilisce l'armonia interiore degli elementi esterni (maschile e femminile, terra e cielo), se utilizza in modo evolutivo le forze primordiali dell'energia sessuale-creativa, simboleggiata dal serpente, può sviluppare i suoi frutti potenziali, reintegrarsi e godere dell'unità, della re-ligio con il divino.
In ogni cultura antica troviamo varie rappresentazioni di questo mito, un punto chiave nella visione olistica della realtà umana e del suo potenziale evolutivo; i simboli che vi ricorrono sono gli elementi essenziali che i primi esseri umani hanno concepito per spiegarsi le leggi e il funzionamento della misteriosa esistenza, in cui, a differenza degli animali, erano diventati consapevoli di esistere. Questo mito rivela innanzitutto una profonda venerazione per l’intera esistenza, proprio come se ogni elemento del misterioso gioco della vita fosse intrinsecamente sacro. Gli archetipi in esso presenti sono l’albero, il serpente, la dualità polare maschile-femminile, sole-luna e l’unità di tutti questi elementi: il Dharma o legge armonica dell’esistenza.
Il primo archetipo è l’albero: mediatore tra Cielo e Terra, che ha la capacità di produrre frutti ed ha un'intrinseca analogia con l’essere umano. L’albero, con i suoi frutti, è il primo e più elementare dono che la natura offre all’essere umano per il suo sostentamento. La pianta viene venerata perché in essa si manifesta la divinità benevola e il simbolo stesso dell’albero diventa, poi, un archetipo della struttura umana e cosmica: le gambe a contatto con la terra, le braccia e gli occhi al cielo ed il cuore aperto sulla bellezza e i doveri umani. Ma se i frutti di un semplice albero possono dare la vita agli esseri umani, quali potranno mai essere i frutti dell’albero-uomo? Come può un piccolo insignificante essere umano, perso nell'immensità della natura, esprimere del tutto la sua potenzialità e unirsi all’armonia dell’esistenza? Qui entrano in gioco la saggezza e l’energia creatrice e ispiratrice, simboleggiate dal serpente.
Il serpente - archetipo di onda e flusso spirale dell'energia intelligente e creatrice - sale lungo l’albero e la sua innata saggezza rende divina la pianta. La saggezza profonda dell'energia vitale, rappresentata dal serpente, permette a colui che cerca il divino di trasformarsi interiormente, unificando e integrando le forze maschili e femminili, portando così a maturazione le proprie potenzialità, i propri frutti spirituali: la conoscenza del bene e del male e la consapevolezza dell’eternità della vita. Il serpente, che invecchiando cambia la vecchia pelle ritrovando brillantezza e vitalità, è anche il simbolo del potere di trasformazione e rigenerazione dell'energia vitale, elemento chiave dell'intero processo di evoluzione interiore. La pianta, espressione primaria della grande Dea della Terra, e il serpente, espressione maschile e fallica del Dio Creatore, si uniscono simbolicamente, generano e producono frutti sacri.
L’unione interiore nell’essere umano delle sue forze polari maschili e femminili porta alla fioritura delle sue potenzialità spirituali, espande la sua coscienza, lo rende partecipe di un "Tutto" più vasto e sacro.
In questa visione sono "implicate", e talvolta anche raffigurate, le due grandi divinità polari della natura: il Dio maschile, il signore dei boschi e degli animali, il protettore dei giusti, il terrifico creatore e distruttore, e la Grande Madre, Dea della Terra, energia creatrice, protettrice della fecondità e della fertilità, della bellezza e delle arti.
C’è un senso di compiutezza in questo mito originario, un senso di divenire e di ciclicità che richiama le stagioni, le messi e i raccolti, in cui gli elementi del mondo vegetale, animale e umano si uniscono e si fondono col divino. Anche l’essere umano può crescere interiormente, portare i frutti della sua coscienza a maturazione e goderne. La Terra ai suoi occhi trasformati diventa pianeta sacro, giardino di Dio, dove ritrovare il proprio posto e l’unità col Tutto.
Intorno a questo mito nasce la prima scienza umana, la medicina: l’equilibrio delle energie psicofisiche che il medico, mago o saggio, ben conosce... poiché le ha sperimentate dentro di Sé. La medicina, ancora oggi, conserva come simbolo proprio l’asse con i due serpenti che vi salgono: il caduceo ermetico che già il grande medico greco Asclepio (o Esculapio) aveva utilizzato come simbolo vivente nella sua scuola.
Vediamo ora più analiticamente gli archetipi che giocano in questo mito.
Dell’albero su cui gli uccelli dalle belle piume gustandone i frutti fanno il loro nido, la cima porta il frutto più dolce, che nessuno può raggiungere senza conoscere il Signore. Dal "Rig Veda"
L'alba della cultura umana inizia, secondo Joseph Campbell, circa 15.000 anni fa con il mito evolutivo dell'albero e del serpente. L’essenza del mito, differenziato in infinite varianti, è che l'essere umano può diventare un fiore del giardino di Dio, che ogni essere umano, se ristabilisce l'armonia interiore degli elementi esterni (maschile e femminile, terra e cielo), se utilizza in modo evolutivo le forze primordiali dell'energia sessuale-creativa, simboleggiata dal serpente, può sviluppare i suoi frutti potenziali, reintegrarsi e godere dell'unità, della re-ligio con il divino.
In ogni cultura antica troviamo varie rappresentazioni di questo mito, un punto chiave nella visione olistica della realtà umana e del suo potenziale evolutivo; i simboli che vi ricorrono sono gli elementi essenziali che i primi esseri umani hanno concepito per spiegarsi le leggi e il funzionamento della misteriosa esistenza, in cui, a differenza degli animali, erano diventati consapevoli di esistere. Questo mito rivela innanzitutto una profonda venerazione per l’intera esistenza, proprio come se ogni elemento del misterioso gioco della vita fosse intrinsecamente sacro. Gli archetipi in esso presenti sono l’albero, il serpente, la dualità polare maschile-femminile, sole-luna e l’unità di tutti questi elementi: il Dharma o legge armonica dell’esistenza.
Il primo archetipo è l’albero: mediatore tra Cielo e Terra, che ha la capacità di produrre frutti ed ha un'intrinseca analogia con l’essere umano. L’albero, con i suoi frutti, è il primo e più elementare dono che la natura offre all’essere umano per il suo sostentamento. La pianta viene venerata perché in essa si manifesta la divinità benevola e il simbolo stesso dell’albero diventa, poi, un archetipo della struttura umana e cosmica: le gambe a contatto con la terra, le braccia e gli occhi al cielo ed il cuore aperto sulla bellezza e i doveri umani. Ma se i frutti di un semplice albero possono dare la vita agli esseri umani, quali potranno mai essere i frutti dell’albero-uomo? Come può un piccolo insignificante essere umano, perso nell'immensità della natura, esprimere del tutto la sua potenzialità e unirsi all’armonia dell’esistenza? Qui entrano in gioco la saggezza e l’energia creatrice e ispiratrice, simboleggiate dal serpente.
Il serpente - archetipo di onda e flusso spirale dell'energia intelligente e creatrice - sale lungo l’albero e la sua innata saggezza rende divina la pianta. La saggezza profonda dell'energia vitale, rappresentata dal serpente, permette a colui che cerca il divino di trasformarsi interiormente, unificando e integrando le forze maschili e femminili, portando così a maturazione le proprie potenzialità, i propri frutti spirituali: la conoscenza del bene e del male e la consapevolezza dell’eternità della vita. Il serpente, che invecchiando cambia la vecchia pelle ritrovando brillantezza e vitalità, è anche il simbolo del potere di trasformazione e rigenerazione dell'energia vitale, elemento chiave dell'intero processo di evoluzione interiore. La pianta, espressione primaria della grande Dea della Terra, e il serpente, espressione maschile e fallica del Dio Creatore, si uniscono simbolicamente, generano e producono frutti sacri.
L’unione interiore nell’essere umano delle sue forze polari maschili e femminili porta alla fioritura delle sue potenzialità spirituali, espande la sua coscienza, lo rende partecipe di un "Tutto" più vasto e sacro.
In questa visione sono "implicate", e talvolta anche raffigurate, le due grandi divinità polari della natura: il Dio maschile, il signore dei boschi e degli animali, il protettore dei giusti, il terrifico creatore e distruttore, e la Grande Madre, Dea della Terra, energia creatrice, protettrice della fecondità e della fertilità, della bellezza e delle arti.
C’è un senso di compiutezza in questo mito originario, un senso di divenire e di ciclicità che richiama le stagioni, le messi e i raccolti, in cui gli elementi del mondo vegetale, animale e umano si uniscono e si fondono col divino. Anche l’essere umano può crescere interiormente, portare i frutti della sua coscienza a maturazione e goderne. La Terra ai suoi occhi trasformati diventa pianeta sacro, giardino di Dio, dove ritrovare il proprio posto e l’unità col Tutto.
Intorno a questo mito nasce la prima scienza umana, la medicina: l’equilibrio delle energie psicofisiche che il medico, mago o saggio, ben conosce... poiché le ha sperimentate dentro di Sé. La medicina, ancora oggi, conserva come simbolo proprio l’asse con i due serpenti che vi salgono: il caduceo ermetico che già il grande medico greco Asclepio (o Esculapio) aveva utilizzato come simbolo vivente nella sua scuola.
Vediamo ora più analiticamente gli archetipi che giocano in questo mito.
L’albero
Poni tutta la tua attenzione nel nervo, delicato come il gambo del loto, nel centro della tua spina dorsale, e in quello trasformati. Dal "Vigyan Bhairav Tantra"
Ti prego, contempla con gli occhi dello spirito la piccola pianta contenuta nel chicco di grano e osservane tutte le circostanze, onde tu possa far crescere l’albero dei filosofi. Alchimista del XVII° secolo.
E’ esistita un’epoca in cui le piante erano considerate una manifestazione immediata e concreta della divinità; alle piante gli uomini chiedevano protezione e conforto, illuminazione e consiglio e intorno ad esse fiorirono miti e leggende in cui si fondevano mirabilmente il Mistero della Natura e il Mistero del Divino.
Albero della vita, Albero della conoscenza, Albero del bene e del male, Albero che con la sua verticalità unisce il cielo alla terra, il sacro al profano, il visibile all’invisibile. Albero, espressione stessa della vita che si rigenera incessantemente ad ogni stagione. Albero che, come l’uomo, ha il destino di portare a maturazione i suoi frutti, di dover realizzare pienamente le sue potenzialità.
Mircea Eliade, storico delle religioni, ha evidenziato come tutti gli aspetti del comportamento umano legato al mito riflettano il desiderio di cogliere la realtà essenziale del mondo e le origini delle cose, il "centro", il punto di inizio assoluto, quando furono creati il mondo e gli uomini. Nel linguaggio simbolico, questo punto è l’ombelico del mondo, ma viene spesso immaginato come un asse verticale o asse cosmico che, situato al centro dell’universo, attraversa il cielo, la terra e il mondo sotterraneo. L’immagine dell'asse cosmico è antichissima - pare che risalga al IV o al III millennio avanti Cristo - ed è diffusa in tutto il mondo sotto forma di pilastro, di palo, di albero e di montagna.
L’albero diventa per estensione l’asse dell’uomo: la colonna vertebrale. L’albero che connette la Terra e il Cielo diventa, nello Yoga Tantrico, Sushumna, l’asse centrale, "sottile come il gambo di un fiore di loto", che percorre l’essere umano dal coccige alla sommità del capo e su cui si sviluppano i sette chakra, vortici roteanti di energia intelligente. I simboli dell'albero e del serpente sono rappresentati nel modello Cyber7 dall'asse centrale e dall'energia che vi scorre intorno a spirale, che connettono il polo sud/terrestre con il polo nord/celeste.
L’analogia che lega l’essere umano all’archetipo dell’albero e al serpente diventa ancora più evidente considerando che il primo chakra, alla base della colonna vertebrale, si chiama Muladhara, "radice che sorregge", mentre l’ultimo chakra, sulla sommità del capo, si chiama Sahasrara, "loto dai mille petali".
Ti prego, contempla con gli occhi dello spirito la piccola pianta contenuta nel chicco di grano e osservane tutte le circostanze, onde tu possa far crescere l’albero dei filosofi. Alchimista del XVII° secolo.
E’ esistita un’epoca in cui le piante erano considerate una manifestazione immediata e concreta della divinità; alle piante gli uomini chiedevano protezione e conforto, illuminazione e consiglio e intorno ad esse fiorirono miti e leggende in cui si fondevano mirabilmente il Mistero della Natura e il Mistero del Divino.
Albero della vita, Albero della conoscenza, Albero del bene e del male, Albero che con la sua verticalità unisce il cielo alla terra, il sacro al profano, il visibile all’invisibile. Albero, espressione stessa della vita che si rigenera incessantemente ad ogni stagione. Albero che, come l’uomo, ha il destino di portare a maturazione i suoi frutti, di dover realizzare pienamente le sue potenzialità.
Mircea Eliade, storico delle religioni, ha evidenziato come tutti gli aspetti del comportamento umano legato al mito riflettano il desiderio di cogliere la realtà essenziale del mondo e le origini delle cose, il "centro", il punto di inizio assoluto, quando furono creati il mondo e gli uomini. Nel linguaggio simbolico, questo punto è l’ombelico del mondo, ma viene spesso immaginato come un asse verticale o asse cosmico che, situato al centro dell’universo, attraversa il cielo, la terra e il mondo sotterraneo. L’immagine dell'asse cosmico è antichissima - pare che risalga al IV o al III millennio avanti Cristo - ed è diffusa in tutto il mondo sotto forma di pilastro, di palo, di albero e di montagna.
L’albero diventa per estensione l’asse dell’uomo: la colonna vertebrale. L’albero che connette la Terra e il Cielo diventa, nello Yoga Tantrico, Sushumna, l’asse centrale, "sottile come il gambo di un fiore di loto", che percorre l’essere umano dal coccige alla sommità del capo e su cui si sviluppano i sette chakra, vortici roteanti di energia intelligente. I simboli dell'albero e del serpente sono rappresentati nel modello Cyber7 dall'asse centrale e dall'energia che vi scorre intorno a spirale, che connettono il polo sud/terrestre con il polo nord/celeste.
L’analogia che lega l’essere umano all’archetipo dell’albero e al serpente diventa ancora più evidente considerando che il primo chakra, alla base della colonna vertebrale, si chiama Muladhara, "radice che sorregge", mentre l’ultimo chakra, sulla sommità del capo, si chiama Sahasrara, "loto dai mille petali".
L'Albero neuropsichico della Coscienza
La trasposizione dell’antico mito dell’albero, e più recentemente del caduceo, nella moderna cultura, alla luce della psicologia del profondo, della cibernetica e della neuropsicofisiologia, apre interessanti prospettive. La scienza ha scoperto e studiato questo albero interiore nel suo aspetto più materiale, chiamandolo sistema nervoso. L’evoluzione del cervello e della coscienza rappresenta una delle parti più interessanti della moderna scienza e medicina psicosomatica. Il sistema nervoso è composto da un "tronco", la colonna vertebrale, che possiede una radice e una sommità. Nello sviluppo fetale, da questo tronco nervoso, chiamato "tubo neurale", si dipartono fasci di fibre nervose, i nervi periferici, che si estendono come radici lungo le gambe fino a terra. Ai lati si allargano altri nervi che, come rami, innervano gli organi e si estendono lungo le braccia fino alle mani, mentre in alto l’asse neurale si espande in tre vescicole che formeranno le tre parti del cervello.
La verticalizzazione del sistema nervoso umano, rispetto a quelli della maggior parte degli animali, riflette la struttura dell’albero. L’asse del midollo spinale, come un tronco, riceve nutrimento (informazioni) dalle radici dei nervi periferici e li convoglia verso i centri superiori del cervello, complessa struttura direttamente aperta verso il cielo, tramite i canali degli organi di senso. Il cervello, come un frutto dell’intelligenza creativa della natura, nei millenni è andato via via maturandosi ed espandendosi. Benché la struttura ad albero del sistema nervoso sia fondamentalmente identica sin dalle più primitive forme organiche multicellulari, come le planarie, la sua complessità aumenta in maniera proporzionale al livello di evoluzione neuropsichica raggiunta, fino alla massima espansione nella corteccia cerebrale dell’essere umano. I miti, tuttavia, ci insegnano che la completa maturazione psicofisica delle potenzialità cerebrali non è automatica, ma richiede una saggia e consapevole trasformazione interiore. Le due polarità, conscio-inconscio e maschile-femminile devono ritrovare una loro unità.
È suggestivo considerare il sistema nervoso umano come una stratificazione di informazioni, che l’esperienza di innumerevoli esseri viventi ha strutturato, livello sopra livello, con sempre maggiore complessità. Il nostro cervello si è suddiviso in tre cervelli di cui il più antico viene chiamato rettile, il secondo mammifero e il terzo umano. Il cervello rettile - il serpente dentro di noi - è la sede della forza vitale, in esso sono iscritti i codici della sopravvivenza, degli istinti biologici, della capacità di mantenere l’equilibrio biofisico nel corpo (omeostasi) e i comportamenti archetipici e inconsci. Il cervello mammifero gestisce le emozioni e gli affetti. Il cervello umano invece si differenzia in due emisferi, uno femminile-intuitivo e l’altro maschile-razionale, che ben riflettono le polarità luna-sole o Dio Padre-Dea Madre della tradizione antica. Dal loro equilibrio e dall’integrazione tra l’unione di queste due "emi-sfere" ed il sottostante "rettile", abbiamo la grande trasformazione interiore e la rinascita su un piano di coscienza e visione olistica superiore. Questa integrazione porta a far sbocciare il fiore della consapevolezza e quindi a maturare i frutti sacri dell’albero della coscienza: la conoscenza globale, il bene e il male, e la vita eterna, intesa come percezione dell’essenza di ogni cosa che non muore mai. I dati sperimentali sugli stati di coscienza profonda sostengono con evidenza questa interpretazione simbolica.
La neuroendocrinologia scopre poi la controparte anatomica dei sette chakra: le sette ghiandole endocrine, i plessi nervosi e i metameri. Queste analogie verranno sviluppate successivamente nei capitoli sulla medicina olistica, nel modello olistico di essere umano e nello sviluppo del potenziale umano.
La verticalizzazione del sistema nervoso umano, rispetto a quelli della maggior parte degli animali, riflette la struttura dell’albero. L’asse del midollo spinale, come un tronco, riceve nutrimento (informazioni) dalle radici dei nervi periferici e li convoglia verso i centri superiori del cervello, complessa struttura direttamente aperta verso il cielo, tramite i canali degli organi di senso. Il cervello, come un frutto dell’intelligenza creativa della natura, nei millenni è andato via via maturandosi ed espandendosi. Benché la struttura ad albero del sistema nervoso sia fondamentalmente identica sin dalle più primitive forme organiche multicellulari, come le planarie, la sua complessità aumenta in maniera proporzionale al livello di evoluzione neuropsichica raggiunta, fino alla massima espansione nella corteccia cerebrale dell’essere umano. I miti, tuttavia, ci insegnano che la completa maturazione psicofisica delle potenzialità cerebrali non è automatica, ma richiede una saggia e consapevole trasformazione interiore. Le due polarità, conscio-inconscio e maschile-femminile devono ritrovare una loro unità.
È suggestivo considerare il sistema nervoso umano come una stratificazione di informazioni, che l’esperienza di innumerevoli esseri viventi ha strutturato, livello sopra livello, con sempre maggiore complessità. Il nostro cervello si è suddiviso in tre cervelli di cui il più antico viene chiamato rettile, il secondo mammifero e il terzo umano. Il cervello rettile - il serpente dentro di noi - è la sede della forza vitale, in esso sono iscritti i codici della sopravvivenza, degli istinti biologici, della capacità di mantenere l’equilibrio biofisico nel corpo (omeostasi) e i comportamenti archetipici e inconsci. Il cervello mammifero gestisce le emozioni e gli affetti. Il cervello umano invece si differenzia in due emisferi, uno femminile-intuitivo e l’altro maschile-razionale, che ben riflettono le polarità luna-sole o Dio Padre-Dea Madre della tradizione antica. Dal loro equilibrio e dall’integrazione tra l’unione di queste due "emi-sfere" ed il sottostante "rettile", abbiamo la grande trasformazione interiore e la rinascita su un piano di coscienza e visione olistica superiore. Questa integrazione porta a far sbocciare il fiore della consapevolezza e quindi a maturare i frutti sacri dell’albero della coscienza: la conoscenza globale, il bene e il male, e la vita eterna, intesa come percezione dell’essenza di ogni cosa che non muore mai. I dati sperimentali sugli stati di coscienza profonda sostengono con evidenza questa interpretazione simbolica.
La neuroendocrinologia scopre poi la controparte anatomica dei sette chakra: le sette ghiandole endocrine, i plessi nervosi e i metameri. Queste analogie verranno sviluppate successivamente nei capitoli sulla medicina olistica, nel modello olistico di essere umano e nello sviluppo del potenziale umano.
Il Serpente dell'Energia Primordiale
Ananta è il serpente primordiale che galleggia sull’oceano originario. Il suo nome significa infinito, eterno. Sulle sue spire avvolte dorme il dio Vishnu, dai cui sogni nascono gli universi. Ananta è un profondo simbolo della terza matrice, dell’energia potenziale che sostiene e manifesta la coscienza assoluta di Vishnu: quest'infinita eterna energia creativa si frammenterà nelle particelle atomiche che costituiscono l’universo ed hanno, come Ananta, vita infinita.
L’essere umano, vero microcosmo dell'universo, riflette in sé questa energia serpentina e la sua storia, che ciclicamente continua a ripetersi. La tradizione shivaita tantrica parla infatti di Kundalini, l’energia primordiale evolutiva che giace dormiente e nascosta alle radici inconscie dell’albero della conoscenza, alla base della colonna vertebrale. Come già accadde nell'universo esterno, anche in questo universo microcosmico interiore l'energia cosciente si può risvegliare dal profondo, oscuro sonno dell'inconsapevolezza e diventare creativa, luminosa e dinamica. Kundalini, il serpente dell’energia cosciente e risvegliata, sale su quest’albero interiore aprendo e illuminando al suo passaggio i canali e i chakra (i centri psicoenergetici interiori), fino a portarli alla loro piena maturazione con il risveglio dei chakra superiori, nella testa. Secondo la tradizione tantrica, il serpente Kundalini completa il suo risveglio interiore attraverso la riarmonizzazione e la sincronizzazione dei chakra, raggiunge così lo stato di illuminazione, e si riunisce al Brahman, l’energia cosmica superiore, attraverso un filo dorato che sale dall’apertura del settimo chakra verso il cielo, chiudendo il cerchio. E' interessante notare che il termine chakra significa ruota, spirale. Ancora una volta siamo in contatto con una delle infinite espressioni dell'energia intelligente che si manifesta come centro di energia vorticante su se stessa.
Il concetto di evoluzione come risveglio armonico e unificante delle energie psicofisiche è alla base di ogni antica visione medica. Per questa ragione nelle tradizioni di ogni popolo e paese i guaritori erano di solito uomini di saggezza e di evoluzione superiore: la loro maggiore esperienza di armonia interiore era il fulcro stesso dell’intero processo di guarigione. Il caduceo ermetico, simbolo della medicina, ci ricorda la necessità di questo percorso interiore come strumento di salute globale.
L’essere umano, vero microcosmo dell'universo, riflette in sé questa energia serpentina e la sua storia, che ciclicamente continua a ripetersi. La tradizione shivaita tantrica parla infatti di Kundalini, l’energia primordiale evolutiva che giace dormiente e nascosta alle radici inconscie dell’albero della conoscenza, alla base della colonna vertebrale. Come già accadde nell'universo esterno, anche in questo universo microcosmico interiore l'energia cosciente si può risvegliare dal profondo, oscuro sonno dell'inconsapevolezza e diventare creativa, luminosa e dinamica. Kundalini, il serpente dell’energia cosciente e risvegliata, sale su quest’albero interiore aprendo e illuminando al suo passaggio i canali e i chakra (i centri psicoenergetici interiori), fino a portarli alla loro piena maturazione con il risveglio dei chakra superiori, nella testa. Secondo la tradizione tantrica, il serpente Kundalini completa il suo risveglio interiore attraverso la riarmonizzazione e la sincronizzazione dei chakra, raggiunge così lo stato di illuminazione, e si riunisce al Brahman, l’energia cosmica superiore, attraverso un filo dorato che sale dall’apertura del settimo chakra verso il cielo, chiudendo il cerchio. E' interessante notare che il termine chakra significa ruota, spirale. Ancora una volta siamo in contatto con una delle infinite espressioni dell'energia intelligente che si manifesta come centro di energia vorticante su se stessa.
Il concetto di evoluzione come risveglio armonico e unificante delle energie psicofisiche è alla base di ogni antica visione medica. Per questa ragione nelle tradizioni di ogni popolo e paese i guaritori erano di solito uomini di saggezza e di evoluzione superiore: la loro maggiore esperienza di armonia interiore era il fulcro stesso dell’intero processo di guarigione. Il caduceo ermetico, simbolo della medicina, ci ricorda la necessità di questo percorso interiore come strumento di salute globale.
È particolarmente interessante notare come questo simbolo si riallacci alla scoperta della natura ondulatoria dell’energia fisica. Il fotone e l’elettrone, che stanno alla base di ogni energia elettromagnetica, hanno una natura energetica ondulatoria anche se appaiono esternamente come corpuscoli "solidi" o materiali. Questi "pacchetti d’onda" sono senza dubbio simboli perfetti dell’energia serpentina.
La montagna del mondo
Vediamo, ora, il mito della montagna sacra come simbolo della riparazione dell’antica frattura tra Cielo e Terra. L’inizio della cultura umana coincide con la creazione di strutture esteriori che tendono alla verticalità. Dolmen, menhir, torri, colline artificiali, ziggurat e piramidi sono tutte forme simboliche di ascesi dall'umano al divino, ma anche del desiderio di connettersi con l'energia celeste, spirituale, e farla discendere sulla Terra.
Ancora una volta, in modo particolarmente profondo, il mito della montagna sacra rispecchia la natura umana e la sua necessità potenziale di elevarsi verso stati psichici più ampi, verso una coscienza cosmica. E’ accertato infatti che moltissime di queste strutture avevano, oltre ad un evidente significato religioso, una precisa funzione astronomica-astrologica. Da un stato di coscienza istintiva e animale in cui la Terra che sostenta è l’unica realtà, l’essere umano si risveglia, alza gli occhi al cielo e vede le stelle, scopre le stagioni e i cicli planetari e prende, così, consapevolezza di esistere in una dimensione celeste estremamente più vasta di quella materiale. La sua mente si espande ai confini dell’infinito. Il Cielo diventa simbolo di questa espansione, della percezione intuitiva e della sensazione profonda di ordine, vita e coscienza cosmica. Intorno a queste strutture e a questi simboli cosmici nasce la prima scienza matematica del mondo fisico: l’astronomia, intimamente legata all’astrologia.
I primi saggi in contatto con questa conoscenza diventavano mistici iniziati alla scienza degli astri e fungevano da punto di aggregazione per tutti coloro che, lentamente, si staccavano da una visione quotidiana orientata alla pura sopravvivenza materiale e iniziavano una differente via di evoluzione interiore.
I miti della montagna sacra esistono in ogni tradizione. Gli antichi Sumeri consideravano l’universo come una creatura viva con la forma di una montagna, che si innalzava da un oceano infinito. Questi primi mistici astronomi raffiguravano la montagna cosmica con lo ziggurat, imponente costruzione piramidale, i cui gradini simboleggiavano le orbite dei pianeti. Nella loro tradizione il Dio solare viene rappresentato dapprima mentre naviga nel mare abissale, poi mentre sale verso la sommità della montagna. Questo mito, simile al percorso eroico di Orfeo, rappresenta simbolicamente il percorso iniziatico attraverso il profondo inconscio e poi verso gli stati di coscienza più elevati che trasformano l’essere umano e lo rendono divino.
Nella tradizione induista il monte Kailash è la dimora del dio Shiva, nella valle sottostante, nel mezzo del greto del Gotami Ganga, fiume sacro affluente del Gange, ancora oggi si erge un maestoso albero sotto il quale la leggenda vuole che Shiva e Shakti si ritrovassero per i loro incontri d’amore. Pensiamo poi al Monte Meru, montagna sacra della tradizione indiana, al Monte Olimpo, considerato dai Greci dimora degli Dei, al Monte Sinai, su cui Mosè ricevette le tavole della legge, ad Agung, montagna sacra al centro dell’isola di Bali, al Fuji Yama... alcuni degli esempi più conosciuti di questo archetipo universale.
La scalata all’impervia montagna ben rappresenta lo sforzo dell’ascesi mistica che ogni ricercatore spirituale incontra nel suo cammino. Ritroviamo la struttura verticale scalare in tutte le tradizioni mistiche indotibetane; i gradini iniziatici o livelli evolutivi sono la rappresentazione schematica dei vari livelli di coscienza che ogni essere umano deve necessariamente percorrere per raggiungere le vette della propria consapevolezza. Successivamente, nella storia delle civiltà, la montagna sacra diviene più complessa, e prende la forma delle piramidi e degli stupa: con la loro struttura a diversi livelli, esprimono la conoscenza esoterica della differenziazione dell'esistenza in vari livelli/dimensioni, che rappresentano i vari passaggi o gradini iniziatici per accedere al divino.
Ancora una volta, in modo particolarmente profondo, il mito della montagna sacra rispecchia la natura umana e la sua necessità potenziale di elevarsi verso stati psichici più ampi, verso una coscienza cosmica. E’ accertato infatti che moltissime di queste strutture avevano, oltre ad un evidente significato religioso, una precisa funzione astronomica-astrologica. Da un stato di coscienza istintiva e animale in cui la Terra che sostenta è l’unica realtà, l’essere umano si risveglia, alza gli occhi al cielo e vede le stelle, scopre le stagioni e i cicli planetari e prende, così, consapevolezza di esistere in una dimensione celeste estremamente più vasta di quella materiale. La sua mente si espande ai confini dell’infinito. Il Cielo diventa simbolo di questa espansione, della percezione intuitiva e della sensazione profonda di ordine, vita e coscienza cosmica. Intorno a queste strutture e a questi simboli cosmici nasce la prima scienza matematica del mondo fisico: l’astronomia, intimamente legata all’astrologia.
I primi saggi in contatto con questa conoscenza diventavano mistici iniziati alla scienza degli astri e fungevano da punto di aggregazione per tutti coloro che, lentamente, si staccavano da una visione quotidiana orientata alla pura sopravvivenza materiale e iniziavano una differente via di evoluzione interiore.
I miti della montagna sacra esistono in ogni tradizione. Gli antichi Sumeri consideravano l’universo come una creatura viva con la forma di una montagna, che si innalzava da un oceano infinito. Questi primi mistici astronomi raffiguravano la montagna cosmica con lo ziggurat, imponente costruzione piramidale, i cui gradini simboleggiavano le orbite dei pianeti. Nella loro tradizione il Dio solare viene rappresentato dapprima mentre naviga nel mare abissale, poi mentre sale verso la sommità della montagna. Questo mito, simile al percorso eroico di Orfeo, rappresenta simbolicamente il percorso iniziatico attraverso il profondo inconscio e poi verso gli stati di coscienza più elevati che trasformano l’essere umano e lo rendono divino.
Nella tradizione induista il monte Kailash è la dimora del dio Shiva, nella valle sottostante, nel mezzo del greto del Gotami Ganga, fiume sacro affluente del Gange, ancora oggi si erge un maestoso albero sotto il quale la leggenda vuole che Shiva e Shakti si ritrovassero per i loro incontri d’amore. Pensiamo poi al Monte Meru, montagna sacra della tradizione indiana, al Monte Olimpo, considerato dai Greci dimora degli Dei, al Monte Sinai, su cui Mosè ricevette le tavole della legge, ad Agung, montagna sacra al centro dell’isola di Bali, al Fuji Yama... alcuni degli esempi più conosciuti di questo archetipo universale.
La scalata all’impervia montagna ben rappresenta lo sforzo dell’ascesi mistica che ogni ricercatore spirituale incontra nel suo cammino. Ritroviamo la struttura verticale scalare in tutte le tradizioni mistiche indotibetane; i gradini iniziatici o livelli evolutivi sono la rappresentazione schematica dei vari livelli di coscienza che ogni essere umano deve necessariamente percorrere per raggiungere le vette della propria consapevolezza. Successivamente, nella storia delle civiltà, la montagna sacra diviene più complessa, e prende la forma delle piramidi e degli stupa: con la loro struttura a diversi livelli, esprimono la conoscenza esoterica della differenziazione dell'esistenza in vari livelli/dimensioni, che rappresentano i vari passaggi o gradini iniziatici per accedere al divino.
L'ipotesi della razza ariana
Terminiamo questa sintetica esposizione con un accenno a come questi miti antichi sono stati trasformati e, a volte, anche invertiti nel loro significato primario. Una delle nozioni più interessanti da comprendere per una reale visione olistica dell’umanità esistente oggi sul nostro pianeta è la differenziazione tra periodo preariano e ariano. Le razze e le culture preariane sono ancora oggi largamente rappresentate sulla Terra da tutte le popolazioni primitive: dagli Aborigeni australiani, ai Pigmei africani, agli Eschimesi, agli Indiani americani, alle varie razze non bianche.
L’invasione ariana inizierebbe, secondo alcune teorie, da una zona tra la Mongolia, la Russia sud orientale e il nord dell'attuale Iran, ad ondate successive tra il 2300 e il 1900 avanti Cristo, interessando l’India, la Persia, l’Asia Minore, la Grecia e l’Italia e da ultimo il Nord Europa. La conquista del Lazio e la fondazione di Roma da parte delle tribù ariane avviene tra il 1000 e il 753 a.C. Di grande interesse è la comparazione tra le ondate delle differenti popolazioni indoeuropee dall'est all'ovest e le mappe delle datazioni genetiche del sangue delle popolazioni attuali, proposta dal ricercatore Cavalli Sforza, che si sovrappongono in modo considerevole.
Secondo alcuni autori, la razza ariana si distingue per la sua elevazione intellettuale e morale; infatti sembrerebbe caratterizzata, più di ogni altra, da una mente con notevoli capacità di astrazione e ideazione, più efficiente rispetto alla mente dei popoli più antichi; per contro, questi aspetti la renderebbero molto più distante dalla natura e dalle sue leggi e più attratta dagli aspetti intellettuali e meno essenziali della vita. La cultura ariana risulterebbe in genere, quindi, poco incline a comprendere i valori sacri dei popoli antichi e tenderebbe a calpestare ogni forma di credenza, scienza, arte o spiritualità non propria.
La particolare forza insita nella razza ariana, che si manifesta nel profondo controllo e dominio delle razze precedenti e della sostituzione delle loro antiche culture con la loro cultura, non è di fatto ancora terminata. Dopo la conquista del continente indoeuropeo, l’ondata colonizzatrice ariana si spinge nelle Americhe con i noti eccidi delle popolazioni autoctone sia nel nord che nel centro-sud del Continente americano, ma anche con le conquiste coloniali europee di quasi tutti i Paesi della Terra. Oggi, purtroppo, la cultura ariana si è espansa all'intero pianeta, con i suoi aspetti commerciali-consumisti-capitalisti, con la sua avidità materialista nei confronti della natura e degli esseri viventi, siano essi balene, foreste o esseri umani.
Come insegna la tradizione taoista cinese, al culmine di uno stato di massima polarizzazione inizia a subentrare il suo stato opposto. Noi "ariani" dopo aver condizionato l’intero pianeta ad una visione orientata al possesso, ci ritroviamo ora a riconsiderare gli antichi miti, a salvaguardare i diritti delle minoranze etniche e degli esseri viventi, piante o animali, che popolano la nostra Terra.
L’invasione ariana inizierebbe, secondo alcune teorie, da una zona tra la Mongolia, la Russia sud orientale e il nord dell'attuale Iran, ad ondate successive tra il 2300 e il 1900 avanti Cristo, interessando l’India, la Persia, l’Asia Minore, la Grecia e l’Italia e da ultimo il Nord Europa. La conquista del Lazio e la fondazione di Roma da parte delle tribù ariane avviene tra il 1000 e il 753 a.C. Di grande interesse è la comparazione tra le ondate delle differenti popolazioni indoeuropee dall'est all'ovest e le mappe delle datazioni genetiche del sangue delle popolazioni attuali, proposta dal ricercatore Cavalli Sforza, che si sovrappongono in modo considerevole.
Secondo alcuni autori, la razza ariana si distingue per la sua elevazione intellettuale e morale; infatti sembrerebbe caratterizzata, più di ogni altra, da una mente con notevoli capacità di astrazione e ideazione, più efficiente rispetto alla mente dei popoli più antichi; per contro, questi aspetti la renderebbero molto più distante dalla natura e dalle sue leggi e più attratta dagli aspetti intellettuali e meno essenziali della vita. La cultura ariana risulterebbe in genere, quindi, poco incline a comprendere i valori sacri dei popoli antichi e tenderebbe a calpestare ogni forma di credenza, scienza, arte o spiritualità non propria.
La particolare forza insita nella razza ariana, che si manifesta nel profondo controllo e dominio delle razze precedenti e della sostituzione delle loro antiche culture con la loro cultura, non è di fatto ancora terminata. Dopo la conquista del continente indoeuropeo, l’ondata colonizzatrice ariana si spinge nelle Americhe con i noti eccidi delle popolazioni autoctone sia nel nord che nel centro-sud del Continente americano, ma anche con le conquiste coloniali europee di quasi tutti i Paesi della Terra. Oggi, purtroppo, la cultura ariana si è espansa all'intero pianeta, con i suoi aspetti commerciali-consumisti-capitalisti, con la sua avidità materialista nei confronti della natura e degli esseri viventi, siano essi balene, foreste o esseri umani.
Come insegna la tradizione taoista cinese, al culmine di uno stato di massima polarizzazione inizia a subentrare il suo stato opposto. Noi "ariani" dopo aver condizionato l’intero pianeta ad una visione orientata al possesso, ci ritroviamo ora a riconsiderare gli antichi miti, a salvaguardare i diritti delle minoranze etniche e degli esseri viventi, piante o animali, che popolano la nostra Terra.
La nascita del peccato come inversione del simbolo della donna e del serpente
I miti antichi sull’albero e sul serpente non contengono traccia di peccato! Nei sigilli sumeri raffigurati non vi è alcun segno di collera o minaccia divina, non c’è alcun senso di colpa nel godere dei frutti dell’albero. Il segreto della vita è lì, come un frutto, nel santuario del mondo, pronto ad essere colto, e viene offerto senza riserve a qualunque mortale cerchi di attingervi con il profondo rispetto e la venerazione di chi cammina sul suolo sacro, al cospetto della divinità.
La nascita dell’accezione moderna del senso del peccato nasce secondo molti studiosi con l’invasione ariana. Prendiamo come esempio il più famoso dei miti ariani dell’albero: il mito della genesi del giardino dell’Eden; secondo Joseph Campbell, uno dei più rinomati studiosi di mitologia del nostro tempo, questo mito è un falso "storico", letteralmente inventato dagli antichi ebrei dopo la loro conquista del popolo dei Cananei, che adoravano l’albero, il serpente e la Dea Madre. Gli ebrei, portatori di un Dio maschile e unico, invece di tollerare le credenze religiose del popolo di Canaan, come in parte fecero gli ariani dell’India e della Grecia, crearono un contro-mito per demolire alla base i loro simboli sacri e così fiaccare la forza che univa spiritualmente il popolo da loro assoggettato.
L’albero, che dispensa i frutti sacri a chi vuole diventare saggio e unirsi alla divinità dell’esistenza, diventa un Tabù: Dio non vuole che l’essere umano conosca il bene ed il male (ma che intelligenza e bontà può mai avere un padre che nega ai propri figli la conoscenza del bene e del male?). La donna, fonte di dolcezza e fertilità, diventa ora la causa prima del peccato originale, che ricadrà come un destino crudele sull’intera umanità! Il serpente, simbolo di saggezza, sessualità ed elevazione, si trasforma in demonio, creatura di Satana, venuto a tentare e a creare sofferenza. L’uomo resta passivo in questa storia, viene trascinato dagli eventi ma, di fatto, non essendo sua la colpa, il figlio di Dio rimane il più amato, il prescelto dal Padre Celeste.
I valori positivi dell'antichissimo mito dell'albero, comune a tutta l’umanità preistorica, vengono così invertiti -rovesciati- con evidenti e terribili danni all’evoluzione psichica profonda e spirituale dell’intera umanità. Se l’inconscio, come aveva intuito Jung, comunica per simboli, il rovesciamento simbolico di una delle verità fondamentali sulla logica dell'evoluzione interiore diventa il blocco primario all'evoluzione umana.
Demonizzando l’energia sessuale, l’energia femminile e la trasformazione interiore per raggiungere stati superiori, si crea una fortissima barriera contro ogni tentativo individuale di evoluzione interiore.
Il mito ebraico sfortunatamente soppiantò quello antico e da migliaia di anni la nostra cultura occidentale è stata avvelenata da un falso mito, che ha contribuito a creare inconsci sentimenti di rifiuto nei confronti delle donne, degli aspetti femminili e della libera ricerca ed evoluzione spirituale.
Questa inversione dei simboli ricorda quanto avvenne quando i nazisti in Tibet si impadronirono dell’antichissima svastica, simbolo del potere cinetico dell'energia vitale e, con drammatica inconsapevolezza, ne rovesciarono il senso, non tanto topologicamente - infatti in alcune tradizioni il senso di rotazione della svastica può essere sia a destra che a sinistra - quanto spiritualmente poiché forzarono il potere universale, amorevole e unitivo dell'energia intelligente nella direzione opposta dell'egemonia, del razzismo e dell'elitarismo. I risultati di questa duplice inversione dei miti e dei simboli originari appare evidente ad ogni libero osservatore. I simboli archetipici hanno una loro profonda saggezza e sono in profonda sincronicità con il Dharma, la legge armonica dell’esistenza. Questa è la nostra stessa legge e la vera saggezza che gli antenati più illuminati ci hanno tramandato.
La nascita dell’accezione moderna del senso del peccato nasce secondo molti studiosi con l’invasione ariana. Prendiamo come esempio il più famoso dei miti ariani dell’albero: il mito della genesi del giardino dell’Eden; secondo Joseph Campbell, uno dei più rinomati studiosi di mitologia del nostro tempo, questo mito è un falso "storico", letteralmente inventato dagli antichi ebrei dopo la loro conquista del popolo dei Cananei, che adoravano l’albero, il serpente e la Dea Madre. Gli ebrei, portatori di un Dio maschile e unico, invece di tollerare le credenze religiose del popolo di Canaan, come in parte fecero gli ariani dell’India e della Grecia, crearono un contro-mito per demolire alla base i loro simboli sacri e così fiaccare la forza che univa spiritualmente il popolo da loro assoggettato.
L’albero, che dispensa i frutti sacri a chi vuole diventare saggio e unirsi alla divinità dell’esistenza, diventa un Tabù: Dio non vuole che l’essere umano conosca il bene ed il male (ma che intelligenza e bontà può mai avere un padre che nega ai propri figli la conoscenza del bene e del male?). La donna, fonte di dolcezza e fertilità, diventa ora la causa prima del peccato originale, che ricadrà come un destino crudele sull’intera umanità! Il serpente, simbolo di saggezza, sessualità ed elevazione, si trasforma in demonio, creatura di Satana, venuto a tentare e a creare sofferenza. L’uomo resta passivo in questa storia, viene trascinato dagli eventi ma, di fatto, non essendo sua la colpa, il figlio di Dio rimane il più amato, il prescelto dal Padre Celeste.
I valori positivi dell'antichissimo mito dell'albero, comune a tutta l’umanità preistorica, vengono così invertiti -rovesciati- con evidenti e terribili danni all’evoluzione psichica profonda e spirituale dell’intera umanità. Se l’inconscio, come aveva intuito Jung, comunica per simboli, il rovesciamento simbolico di una delle verità fondamentali sulla logica dell'evoluzione interiore diventa il blocco primario all'evoluzione umana.
Demonizzando l’energia sessuale, l’energia femminile e la trasformazione interiore per raggiungere stati superiori, si crea una fortissima barriera contro ogni tentativo individuale di evoluzione interiore.
Il mito ebraico sfortunatamente soppiantò quello antico e da migliaia di anni la nostra cultura occidentale è stata avvelenata da un falso mito, che ha contribuito a creare inconsci sentimenti di rifiuto nei confronti delle donne, degli aspetti femminili e della libera ricerca ed evoluzione spirituale.
Questa inversione dei simboli ricorda quanto avvenne quando i nazisti in Tibet si impadronirono dell’antichissima svastica, simbolo del potere cinetico dell'energia vitale e, con drammatica inconsapevolezza, ne rovesciarono il senso, non tanto topologicamente - infatti in alcune tradizioni il senso di rotazione della svastica può essere sia a destra che a sinistra - quanto spiritualmente poiché forzarono il potere universale, amorevole e unitivo dell'energia intelligente nella direzione opposta dell'egemonia, del razzismo e dell'elitarismo. I risultati di questa duplice inversione dei miti e dei simboli originari appare evidente ad ogni libero osservatore. I simboli archetipici hanno una loro profonda saggezza e sono in profonda sincronicità con il Dharma, la legge armonica dell’esistenza. Questa è la nostra stessa legge e la vera saggezza che gli antenati più illuminati ci hanno tramandato.
A noi sta ora il compito di recuperare queste leggi analogiche dell'esistenza e riutilizzarle per il bene comune individuale.
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