giovedì 8 novembre 2018

LA "FAVOLA" DI CRISTO



LA "FAVOLA" DI CRISTO



Gesù e le divinità del Sole


Ecco un riassunto delle ricerche storiche dettagliate fatte dagli studiosi su Gesù e le divinità del Sole.

L'origine del Cristianesimo è riconducibile all'Eliolatria, cioè l'adorazione del Sole, cui gran parte delle più importanti religioni antiche, cristianesimo compreso, si rifanno in modo evidente.

In Egitto, lo sposo della bella e intelligente Nefertiti, il re Amenofis IV (1375-1358), grande riformatore religioso, tentò di introdurre l'adorazione del Sole come unica forma di culto. “Tu sei la vita medesima”, pregava il re rivolto alla divinità solare.

Anche Mosè coltivava stretti rapporti col dio del Sole: il suo monoteismo, come mostra Sigmund Freud nell'opera Mosè e la religione monoteistica, era uguale al culto solare di Amenofis IV. Al dio del Sole di Babilonia un Inno in caratteri cuneiformi risalente ad età pre-biblica attribuisce tutte le qualità, che in seguito formeranno nella Bibbia l'oggetto dell'esaltazione di Dio. Anche il profeta Isaia pensa non a Jahvè, ma al dio del Sole, quando scrive: “Vedi come la tenebra copre la terra e il buio avvolge i popoli; ma sorge su di te il Signore, e la sua magnificenza appare in te. I popoli camminano nella tua luce, e i re nello splendore, che è sorto per te”.

Tutta una serie di dèi quali Giove, Apollo e Baal ebbero gli attributi della divinità solare; nell'Impero Romano questo dio fu venerato come Summus Deus.

Ma anche molti cristiani adoravano il Sole. Nel 354 o 355 il vescovo Pegasio confessò al principe Giuliano di pregare segretamente il Sole. E ancora nel V secolo c'erano fedeli cristiani che si prosternavano davanti all'astro nascente, dicendo: «Abbi pietà di noi!» (Leo, serm. 27, 4). Papa Leone I dovette mettere in guardia la comunità romana da un aperto culto del Sole (ibid.). E ben presto Cristo fu proclamato “l'Onniveggente”, l'”Invitto” e il “Sole della giustizia”, titolo proprio del dio del Sole, diventando “il vero Helios”. Ancora nel secolo XVII l'innografo cristiano Paul Gerhardt scriveva: “Il sol che mi sorride è il mio signor Gesù, ciò che cantar vi fa è quel che in cielo sta”. L'adorazione del Sole è viva tutt'oggi nel Cristianesimo nelle Chiese e negli altari esposti a Oriente o nella forma solare di numerose suppellettili sacre, usate per la conservazione delle ostie. Un'eco dell'antica concezione è presente addirittura nella Messa: l'Antifona del 21 dicembre, giorno del solstizio invernale, recita: “O Sole che sorgi splendor d'eterna luce e sole di giustizia, vieni ad illuminarci, ché siamo nella tenebra e all'ombra della morte”.


Da chi hanno copiato per creare il mito di Gesù


Nella mitologia vengono citate decine di figli di dio, con storie simili a quella di Gesù. Mithra o Mitras (Nemrod) figlio di dio, nato il 25 Dicembre da una madre vergine, successivamente crocifisso e resuscitato a Pasqua, il 25 marzo. Il culto di Mithra si è diffuso dalla Persia all’impero romano.

Gesù è nato il 25 dicembre come Krishna, Zoroastro, Attis, Adonis ed altri. Gesù ha guarito dei malati e ha resuscitato dei morti, così come hanno fatto anche Krishna, Buddha, Zoroastro, Bochia, Osiris, Serapis, Mardouk ed altri. Gesù è nato da una vergine. Allo stesso modo sono nati Krishna, Buddha, Lao-Tseu, Conficio, Zoroastro , Attis, Ra e tanti altri. Gesù è stato crocifisso in primavera con due ladroni come Krishna, Baal.
Horus, il figlio di dio in Egitto ed incarnazione egizia del Sole, è stato un altro modello per creare il personaggio di Gesù.

Le correlazioni tra i due sono davvero eclatanti:

> Horus era nato dalla vergine Isis-Meri il 25 Dicembre in una grotta/mangiatoia con la sua nascita annunciata da una stella all’Est e con la presenza di tre saggi; Gesù era nato dalla vergine Maria il 25 Dicembre in una grotta/mangiatoia con la sua nascita annunciata da una stella all’Est e con la presenza di tre saggi.

> Horus era la luce del mondo; Gesù era la luce del mondo.

> Horus ha detto di essere la verità e la vita; Gesù ha detto di essere il cammino, la verità e la vita.

> Horus era il buon pastore, l'Agnello di Dio, il figlio dell'uomo, il redentore; Gesù era il buon pastore, l'Agnello di Dio, il figlio dell'uomo, il redentore.

>Horus era “il Pescatore” ed era associato col Pesce (“Ichthys”), l’Agnello ed il Leone; Gesù era “il Pescatore” ed era associato col Pesce, l’Agnello ed il Leone.

> Horus era considerato il Salvatore dell'umanità, il dio-uomo, l'unto; Gesù era considerato il Salvatore dell'umanità, il dio-uomo, l'unto.

> Horus è nato a Annu, il "posto del pane"; Gesu è nato a Bethlehem, la "casa del pane".

> Horus è identificato da una croce; Gesù è identificato da una croce.

> Horus era figlio di una vergine, chiamata Isis o Mari, raffigurata spesso che porta in braccio Horus bambino; Gesù era il figlio di una vergine, chiamata Maria, raffigurata spesso che porta in braccio Gesù bambino.

> Horus aveva un padre putativo chiamato Sab (Joseph), cioè Giuseppe; Gesù aveva un padre putativo chiamato Giuseppe.

> Horus ebbe la sua nascita annunciata dagli angeli ai pastori; Gesù ebbe la sua nascita annunciata dagli angeli ai pastori.

> Horus durante l'infanzia rischiò di morire perché Herut tentò di farlo uccidere, ma si salvò grazie all'avvertimento di Dio ai suoi genitori; Gesù durante l'infanzia rischiò di morire perché Erode tentò di farlo uccidere , ma si salvò grazie all'avvertimento di Dio ai suoi genitori.

> Horus era il bambino che insegnava nel tempio; Gesù era il bambino che insegnava nel tempio.

> Horus fece il rituale di passaggio all'età adulta a 12 anni; Gesù fece il rituale di passaggio all'età adulta a 12 anni.

> Horus non lascia alcuna traccia scritta della sua vita tra i 12 ed i 30 anni; Gesù non lascia alcuna traccia scritta della sua vita tra i 12 ed i 30 anni.

> Horus fu battezzato a 30 anni nel fiume Giordano da "Anup il Battista", che poi fu decapitato; Gesù fu battezzato a 30 anni nel fiume Giordano da "Giovanni il Battista", che poi fu decapitato.

> Horus aveva 12 discepoli; Gesù aveva 12 discepoli.

> Horus era la stella del mattino; Gesù era la stella del mattino.

> Horus era il Krst; Gesù era il Cristo.

> Horus fu tentato da Set sulla montagna; Gesù fu tentato da Satana sulla montagna.

> Horus fece miracoli e guarigioni, esorcizzava i demoni e resuscitò El-Azarus dai morti; Gesù fece miracoli e guarigioni, esorcizzava i demoni e resuscitò Lazzaro dai morti.

> Horus camminava sulle acque; Gesù camminava sulle acque.

> Horus fu trasfigurato sul Monte; Gesù fu trasfigurato sul Monte.

> Horus fu crocefisso tra due ladroni; Gesù fu crocefisso tra due ladroni.

> Horus resuscitò dopo tre giorni e la resurrezione fu annunciata da donne; Gesù resuscitò dopo tre giorni e la resurrezione fu annunciata da donne.

In aggiunta, scritte circa 3.500 anni fa, sui muri del Tempio a Luxor c’erano immagini dell’Annunciazione, Immacolata Concezione, Nascita ed Adorazione di Horus, con Thoth che annuncia alla Vergine Iside che lei concepirà Horus; con Kneph, lo “Spirito Santo” che impregna la vergine; e con l’infante e la presenza di tre re, o magi, che portavano doni. In aggiunta, nelle catacombe a Roma ci sono pitture del bebè Horus che viene tenuto dalla vergine madre Iside – la “Madonna con Bambino” originale. Dice Massey: "Fu l’arte gnostica che riprodusse l’Hathor-Meri ed Horus dell’Egitto come la Vergine ed il bambino-Cristo di Roma… Voi poveri idioti, dicevano gli Gnostici [ai primi Cristiani], voi avete confuso i misteri antichi per la storia moderna, e avete accettato alla lettera tutto quello che era solo inteso in modo mistico".

Da notare la similitudine dei criteri per la salvezza nel giorno del giudizio. Disse Horus: “Ho dato il pane all'uomo affamato, l'acqua all'uomo assetato, vestiti all'uomo ignudo e una barca al marinaio naufrago". Disse Gesù: “Perciocché io ebbi fame, e voi mi deste a mangiare; io ebbi sete, e voi mi deste a bere; io fui forestiero, e voi mi accoglieste. Io fui ignudo, e voi mi rivestiste…” Matteo 25:35-36 (Traduzione di G. Diodati, 1649).

Sul Cristianesimo e sulla Bibbia influì molto anche il culto di Osiride, padre di Horus.

Osiride fu un Messia proto-tipico, ed introdusse il concetto di Ostia divorata durante la cerimonia, la cui forma era quella del disco solare, cioè la stessa di quella cristiana. La sua carne veniva mangiata nella forma di cialde di grano della comunione, la “pianta della Verità”.

Il rituale dell’adorazione di Atum-Amòn-Osiride, prevedeva che i fedeli mangiassero alcune focacce di frumento che rappresentavano il “corpo” della divinità (le piantagioni di frumento potevano crescere grazie al sole, rappresentando così la manifestazione fisica di Dio). Nel corso del rituale veniva esibito un ostensorio rappresentante il disco solare, che veniva sollevato in alto dinanzi ai fedeli riuniti in preghiera. Il termine “ostensorio”, contrariamente a ciò che si crede, non è cristiano e non deriva da “ostia”, ma da un etimo egizio, poi adottato anche dal latino, che significa “mostrare, esibire”. Fino al XV sec. d.C., gli ostensori cristiani avevano la forma di un disco d’oro luccicante (il sole). Fu San Bernardino da Siena a sostituire per primo, intorno al 1400, tale disco con la teca contenente l’ostia consacrata. Il Concilio di Trento, nel XVI secolo, abolì poi definitivamente questo residuo di paganesimo. La liturgia dell’adorazione di Osiride, poi ripresa dal rito cristiano, prevedeva che i fedeli tenessero la testa bassa, per evitare di bruciarsi gli occhi di fronte al fulgore del sole. Le preghiere a Osiride erano intercalate e concluse dall’invocazione del suo nome (Amòn), che ricorda in modo inequivocabile l’altrimenti incomprensibile “Amen” che conclude le preghiere cristiane.

Il culto di Osiride contribuì con un certo numero di idee e frasi alla Bibbia. Il 23° Salmo ha copiato un testo Egizio che invocava Osiride il Buon Pastore per condurre il morto ai “verdi pascoli” e “calme acque”della terra nefer-nefer, per restituire l’anima al corpo, e per dare protezione nella valle delle ombre della morte (la Tuat).

La Preghiera del Signore fu prefigurata da un inno Egizio ad Osiride-Amen che iniziava: “O Amen, O Amen, che sei in cielo”. Amen veniva invocato anche alla fine di ogni preghiera.

Massey ci dice: "In uno dei molti titoli di Osiride in tutte le sue forme e luoghi egli viene chiamato “Osiride nell’ostensorio”… Nel rituale Romano l’ostensorio è un contenitore trasparente nel quale viene esibita l’ostia o vittima… Osiride nell’ostensorio da solo dovrebbe essere sufficiente a mostrare che l’Egizio Karast (Krst) è il Cristo originale, e che i misteri Egizi furono continuati in Roma dagli Gnostici e Cristianizzati".

Inoltre, A. Churchward riferisce un altro aspetto della religione Egizia trovato nel Cattolicesimo: "Noi vediamo nelle antiche chiese Cattoliche, sopra l’altare principale, un triangolo equilatero, e dentro di esso un occhio. L’aggiunta dell’occhio al triangolo ebbe origine in Egitto, “l’occhio che tutto vede di Osiride”.

Infine, il personaggio di Pietro, considerato come custode del paradiso, ha origine nel "Libro Egiziano dei Morti", dove viene menzionato come Petra, detentore delle chiavi dell'aldilà egizio. Inoltre Pietro e la sua storia hanno somiglianze con l'allora diffuso culto del dio Giano, rappresentato con delle chiavi in mano.


Mitra ed il cristianesimo


Sebbene sia evidente che si sia copiato da Horus per creare il mito di Cristo, in realtà anche dal dio Mitra si è preso molto e si ha avuto una grande influenza, sopratutto su molte caratteristiche del cristianesimo. È tuttavia probabile che con Mitra si sia copiato da Horus, e con Gesù si sia copiato da Mitra.

Mitra, il dio della Luce celeste, è una personificazione del Sole. Il suo culto, originario della Persia e dell'India, nel III secolo a.C. era già diffuso in Egitto.

Quasi contemporaneamente al Cristianesimo, penetrò poi nell'Impero Romano, facendo numerosi proseliti con grande rapidità. Il punto di irraggiamento della religione di Mitra fu la Cilicia, patria di Paolo, dov'era penetrata quasi cent'anni prima di lui. Gli studiosi hanno accertato tutta una serie di corrispondenze fra la sua predicazione e i culti mitraici.

Mitra discese dal cielo e si racconta che alla sua nascita fu adorato dai pastori, che gli recarono in dono le primizie dei greggi e dei frutti della terra. In seguito ascese in cielo, venne posto sul trono accanto al dio del Sole, cioè, divenne partecipe della sua onnipotenza, e infine fu parte di una Trinità. Si credeva, inoltre, che un giorno sarebbe tornato a suscitare e a giudicare i morti.

Più in dettaglio, Mitra e' stato partorito da una vergine il 25 Dicembre, fu considerato un grande predicatore itinerante ed un maestro, aveva 12 compagni o discepoli, ha fatto dei miracoli, è stato sepolto in una tomba, dopo tre giorni è risorto e l'evento della sua resurrezione veniva celebrato ogni anno. Mitra era chiamato il pastore di dio, la sua figura fu assimilata a quella del leone e dell'agnello, egli fu considerato come la via, la verità e la luce, il redentore, il salvatore, il messia.

La sua religione comprendeva l'eucaristia o cena del signore, il suo giorno consacrato era la domenica, il giorno del signore, centinaia di anni prima della venuta di Cristo, ed aveva la sua principale celebrazione nel tempo della sua resurrezione (quella che più tardi fu detta Pasqua).

Mitra era il demiurgo fra cielo e terra, fra dio e l'umanità: era l'Uomo-dio, il Redentore del mondo e il Salvatore. Era anche «colui che nacque dalla pietra», come Cristo, a sua volta definito «la Pietra», concomitanza già notata dai più antichi apologeti della Chiesa, e come Pietro, sempre accostato all'immagine del gallo e delle chiavi, entrambi simboli del dio del Sole.

Il giorno consacrato al dio del Sole era la Domenica, celebrato in modo particolare nel culto di Mitra come primo giorno della settimana, e in seguito definito «il giorno del Signore» dai cristiani, per i quali in origine tutti i giorni della settimana erano egualmente dedicati al Signore. Intorno alla metà del III secolo, Origene insisteva sul fatto che per il perfetto cristiano tutti i giorni sarebbero dovuti essere giorni del Signore. E ancora nel IV secolo, nel Cristianesimo la domenica non conosceva la cessazione dell'attività lavorativa, nemmeno nei monasteri di più stretta osservanza: la Domenica fu introdotta da Costantino con una legge del 321.

Il giorno della nascita di Mitra, il giorno di nascita del Sole, era il 25 dicembre, che, come tutti sanno, è oggi il giorno della nascita del Cristo; ma nella cristianità primitiva si celebrava solo una festa, la Pasqua, e fino al IV secolo la Pasqua e la Pentecoste furono le uniche festività ufficiali della Chiesa.

Per molto tempo la nascita del Cristo non fu celebrata, e in seguito, per altro, venne determinata in modo estremamente diverso, dato che non era certa neppure la determinazione dell'anno della nascita, per non parlare poi della storicità dell'evento.

Intorno al 200, secondo quanto sappiamo da Clemente Alessandrino, per alcuni era il 19 di aprile, per altri il 20 di Maggio, mentre lo stesso Clemente credeva che la data esatta fosse il 17 Novembre.

Il Natale sorse in Egitto nel II secolo, festeggiato il 6 di gennaio, giorno della nascita del dio Eone ovvero Osiride. Ma fu solo a partire dal 353 che la Chiesa indicò il 25 dicembre quale data della nascita del Cristo, quel 25 di dicembre, nel quale ricorreva la festività di Mitra, l'invitto dio del Sole, e tale scelta si proponeva soltanto di cancellare dalla coscienza popolare la ricorrenza pagana. L'Avvento, festa preliminare alla celebrazione del Natale, venne introdotto addirittura solo nel VI secolo.

La nuova solennità ecclesiastica divenne ben presto assai popolare proprio perché altro non era se non la trasformazione e l'adeguamento della festa pagana del solstizio, della festività dell'Eone, cioè della mitica rappresentazione della nascita del nuovo sole.

Il racconto cristiano del Natale non si trova in tutti i Vangeli mentre è presente soltanto in Luca, nel quale si è rielaborato una tradizione culturale pagana.

Gli studi teologici anche di recente hanno sottolineato la profonda influenza pagana sulla narrazione di Luca, ed infatti si è detto che: «la descrizione, così piena di sentimentalismo, della madre errante, che non trova un luogo dove partorire la propria creatura.

Qualsiasi lettore greco non poteva non ricorrere col pensiero alla madre di Apollo, che non riesce a trovare un luogo per partorire, e che i poeti descrivono in modo analogo. (...) Il racconto bucolico dei pastori viene riferito pressoché identico a proposito della nascita di Ciro e di Romolo, nonché nelle storie dell'infanzia di Mitra. (...) Dalle celebrazioni misteriche proviene il grido: "Oggi vi è nato il Salvatore". L'esclamazione di giubilo degli Ierofanti in Eleusi suona: "La Signora ha generato un sacro fanciullo"; e nelle feste ellenistiche dell'Eone, influenzate da questa tradizione, risuonava il grido: "In quest'ora, oggi la Vergine ha partorito l'Eone" e "La Vergine ha partorito, la Luce cresce". Per Osiride il grido suona: "Il Signore di tutte le cose viene alla luce... un Grande Re e Benefattore, Osiride, è nato" e nel culto dei re: "Vi è nato un Re e lo ha chiamato Carilao, perché tutti divennero felicissimi"».

Le concezioni intorno alla nascita dell'Eone quali ricorrono nei Vangeli erano, come si vede, ben note al mondo precristiano; lo attestano, fra l'altro, anche gli eloquenti Dialoghi religiosi alla corte dei Sassanidi: «Signora - disse una voce - il Grande Helios mi ha a te inviato come messaggero della generazione che in te si compirà... Diventerai madre di un bimbo, il cui nome è "Principio e Fine"».

La religione di Mitra era seguita da una comunità suddivisa in modo strettamente gerarchico, le cui propaggini si estendevano a tutto l'Impero Romano. Il capo si chiamava Padre dei padri, come il Sommo Sacerdote del culto di Attis e poi il Papa romano.

I Sacerdoti portavano spesso il titolo di «Padri» e i fedeli si chiamavano «Fratelli», definizione usuale anche presso altre forme di culto, come, ad esempio, in quello di Juppiter Dolichenus, i cui componenti si chiamavano fratelli carissimi assai prima che i cristiani si servissero della medesima terminologia.

La stessa struttura organizzativa del Vaticano e' costruita similmente a quella del papato di Mitra. La gerarchia cristiana e' del tutto identica a quella (ben più antica) della precedente versione mitraica.

Il culto mitraico conosceva sette sacramenti, come ancor oggi la Chiesa cattolica. Il culto di Mitra possedeva un Battesimo, una Cresima e una Comunione consistente in pane e acqua o in un miscuglio d'acqua e di vino, celebrata, come nel Cristianesimo, in memoria dell'ultima cena del Maestro coi suoi discepoli; le ostie erano poi contrassegnate da una croce. Tutti gli elementi del rituale cattolico, dall'ostia all'acqua santa, dall'altare alla liturgia sono presi direttamente dalle antiche religioni misteriche pagane, come quella di Mitra.

Ai Sacerdoti spettava soprattutto la dispensazione dei Sacramenti e la celebrazione del servizio divino: la messa veniva celebrata quotidianamente, ma la più importante era quella domenicale: l'officiante pronunciava le sacre formule sul pane e sul vino, nei momenti particolarmente solenni si faceva squillare una campanella e in generale risuonavano lunghi canti accompagnati dalla musica. Le iniziazioni avevano luogo in primavera, come molti Battesimi nella Chiesa antica, e in particolari festività cultuali i peccati venivano purificati col sangue. La cosa comica è che i Padri della Chiesa videro in codeste analogie nient'altro che "invenzioni diaboliche".

I seguaci di Mitra si richiamavano a una Rivelazione, ponevano un diluvio all'inizio della storia e un giudizio universale alla fine; non solo credevano nell'immortalità dell'anima, ma anche nella resurrezione della carne.

Le istanze morali del culto di Mitra, il «Dio Giusto» e il «Dio Santo», non avevano nulla da invidiare a quelle dei cristiani: come i cristiani dovevano imitare il modello del loro padre celeste, allo stesso modo il fedele del vero, giusto e santo Mitra era tenuto a condurre una vita attivamente governata dalla morale. La sua religione, definita da precisi «comandamenti», perseguiva un rigoroso ideale di purezza; la castità e la temperanza erano annoverate fra le virtù più alte, e anche l'ascesi vi svolgeva un ruolo non secondario.

Fra il III e il IV secolo la religione mitraica godette presso la corte del medesimo prestigio del Cristianesimo: allora per numero di adepti e per influenza sembrò sul punto di superare il Cristianesimo, cui fu particolarmente sgradito.

Come tutti gli altri culti, anche il Mitraicismo dovette poi soccombere al divieto degli imperatori cattolici: istigati dalla Chiesa, ancora nel IV secolo i suoi fedeli vennero perseguitati dai cristiani, i suoi templi saccheggiati, i suoi sacerdoti assassinati e sepolti nei sacrari rasi al suolo. Fra le rovine dei Mitreo di Saalburg è stato ritrovato lo scheletro incatenato del sacerdote pagano, il cui cadavere era stato sepolto in quel luogo per dissacrarlo in perpetuo.

A parere di molti studiosi la distruzione di questa religione ebbe successo proprio perché i cristiani innalzavano le proprie Chiese sulle rovine degli antichi luoghi di culto; infatti, secondo un'antica credenza, in questo modo la divinità precedente era per così dire resa impotente o addirittura annichilita.


La vera storia di Gesù


Ecco un riassunto (in parte di Giuseppe Formigli) delle ricerche storiche dettagliate fatte da Luigi Cascioli sulla vera storia di Gesù. Anche queste ricerche hanno portato a risultati simili a molte altre ricerche fatte da altri studiosi.

Poiché il regno di Davide risultò di breve durata, Dio ne promise un altro imperituro per la cui conquista avrebbe designato un Messia o Cristo (unto dal Signore ) scelto tra i discendenti dello stesso Davide.

Una parte degli ebrei, stanchi di aspettare il Messia promesso, decisero che questi fosse già comparso fra di loro.

Siamo nel periodo delle Guerre Giudaiche quando il Messia era individuato tra i capi rivoluzionari che combattevano Roma.

I suoi seguaci erano gli Esseni Zeloti dei rotoli rinvenuti recentemente (1947) nelle grotte di Qumran. Questi praticavano il battesimo (Giovanni Battista), la comunione dei beni e vivevano secondo riti monastici sotto la guida dei Nazir o Nazirei (o Nazareni ).

Fortemente contrastati dagli occupanti Romani, affrontavano con gioia il patibolo nella certezza di acquisire, come ricompensa dopo la morte, una vita eterna di beatitudine. Sono gli stessi martiri che la Chiesa, cancellando ogni riferimento al loro movimento rivoluzionario e comportamento protocristiano proprio degli Esseni, fece passare come martiri cristiani.

Il movimento che portò alla nascita del Cristianesimo ebbe inizio verosimilmente alla fine delle guerre giudaiche con la distruzione di Gerusalemme (70 d.c.) in conseguenza della perdita di fiducia nel metodo rivoluzionario.

Prevalse infatti fra gli Esseni la corrente religiosa gnostica che credeva in un Messia essenzialmente spirituale con apparenza umana disceso dal cielo non più come guerriero davidico, ma come Salvatore degli oppressi.

Ben presto però la maggior parte degli Esseni, superando le dispute teologiche delle correnti gnostiche, decisero di dargli un corpo incarnato allo stesso modo delle divinità solari delle religioni misteriche e, come già queste (Krishna, Horus, Mitra,..) e allo stesso modo, lo fecero nascere da vergine alla stessa data del 25 dicembre (quando il sole riprende la sua corsa nello zodiaco dopo tre giorni di immobilità apparente seguiti al solstizio), morire in croce, risuscitare da morte nel periodo delle feste pasquali (rinascita primaverile della natura) e salire al cielo il terzo giorno per risiedere alla destra del Dio padre, ecc..ecc.

La struttura organizzativa e i rituali, dall'ostia all'acqua santa, della nuova religione che andava diffondendosi verso Roma tra i pagani, restarono, con qualche adattamento, quelli del culto di Mitra che rappresentava all'epoca la religione maggiormente diffusa nella capitale e in tutto l'impero e, come già questa, ebbe i suoi vescovi o papi con in testa la "mitra" o "mitria".

Il resto della storia è quello della costruzione dei falsi operata dai "Padri della Chiesa" per nascondere l'origine rivoluzionaria del Cristianesimo e farlo apparire come religione rivelata.

Mancando una valida documentazione storica della esistenza di Gesù, questi va verosimilmente identificato con il figlio primogenito Giovanni di Giuda il Galileo, capo rivoluzionario storico della famiglia degli Asmonei rivendicanti il regno di Gerusalemme in quanto sedicenti discendenti della stirpe di Davide. Esiste inoltre una completa corrispondenza di nomi, anche negli appellativi, tra gli apostoli e i figli di Giuda come se si trattasse della stessa banda di persone. I fratelli di Gesù, di cui inequivocabilmente parlano i Vangeli, risulterebbero pertanto altrettanti figli di Giuda. Due di essi risulterebbero corrispondenti agli apostoli anche nella storia. Infatti Simone e Giacomo il Maggiore furono giustiziati dai romani nel 46 (G. Flavio) alla stessa data in cui gli Atti degli Apostoli riportano l'arresto dei due apostoli omonimi con la variante che, mentre il solo Giacomo perì di spada, Simone alias Pietro fu "liberato da un Angelo" e sottratto alla esecuzione affinché potesse avere inizio la successione dei papi.

L'ipotesi è convalidata dall'essere la città di Gamala, residenza e patria della famiglia di Giuda il Galileo, descritta da Giuseppe Flavio nelle "Antichità Giudaiche" in quanto roccaforte della resistenza esseno-zelota (distrutta il 68 d.c.) perfettamente corrispondente ai luoghi descritti dai Vangeli.

La città di Nazareth viceversa non vi corrisponde affatto essendo situata in pianura e ben distante dal lago di Tiberiade ( detto anche Mare di Galilea ) ove avvennero gli episodi più importanti della vita di Gesù, inoltre non sono emersi nel suo territorio reperti archeologici che la facciano risalire all'era messianica, mentre la città di Gamala con il suo tempio è riapparsa nei ruderi portati alla luce dagli scavi eseguiti dopo la sua scoperta avvenuta durante l'occupazione israeliana delle alture del Golan nella guerra dei sei giorni (1967).

Si comprende a questo punto la necessità, affinché il Cristianesimo potesse diffondersi, di cancellare dalla storia del Messia ogni riferimento alla sua origine rivoluzionaria, facendo sparire innanzitutto, assieme a tutta la storia degli Esseni, la sua qualifica di Nazireo (sostituita con abitante di Nazareth) e la sua origine golanite, centro famigerato della accanita resistenza antiromana. Queste operazioni furono rese possibili in seguito alla protezione accordata dagli imperatori alla nuova religione dopo il Concilio di Nicea (325 d.c.). Inizia infatti a partire da questa data la persecuzione capillare e cruenta delle religioni e opinioni contrarie al Cristianesimo protrattesi nella lunga storia di nefandezze della "Santa Inquisizione" fin dentro il secolo dei lumi, come il caso dello studente diciannovenne Cavaliere de la Barre, orrendamente suppliziato e messo al rogo nel 1766 per non aver salutato una processione.

Ma la verità dei fatti pari che si ben sapesse già all'epoca, infatti nel 248 d.c. il filosofo platonico Celso dichiarava in "Contro i cristiani": “Colui al quale avete dato il nome di Gesù in realtà non era che il capo di una banda di briganti i cui miracoli che gli attribuite non erano che manifestazioni operate secondo la magia e i trucchi esoterici.

La verità è che tutti questi pretesi fatti non sono che dei miti che voi stessi avete fabbricato senza pertanto riuscire a dare alle vostre menzogne una tinta di credibilità. È noto a tutti che ciò che avete scritto è il risultato di continui rimaneggiamenti fatti in seguito alle critiche che vi venivano portate”.


I testi sacri


Si riprende anche qui il riassunto delle ricerche storiche fatte da Cascioli.

Non c’è un solo documento risalente all’epoca di Gesù, di origine Ebraica, Romana, Greca o Araba, che parli di un uomo che faceva miracoli. Ci troviamo con il stesso problema per quanto riguarda Babbo Natale.
Il Gesù dei Vangeli è solo una figura mitologica in linea con la mitologia Greca, Romana, Egiziana o Sumera, ma di certo non una figura storica.

Nel libro Forgery in Christianity, Joseph Wheless scrive: "I vangeli sono delle falsificazioni sacerdotali eseguite almeno un secolo dopo gli eventi citati".

Tutti gli "insegnamenti" di Gesù sono stati copiati dagli "insegnamenti" di Krisna, Budda o da antichi personaggi mitici.

Il famoso "Sermone della montagna" somiglia stranamente al "Sermone Secreto della montagna" di origine egizia.

Storici come Philo Judaeus 20 a.C.-50 d.C. o tanti altri storici conosciuti che vissero e scrissero nel primo secolo non menzionano il figlio di dio.

E’ solo recentemente che sono stati ritrovati nuovi documenti. Le più grandi scoperte risalgono all'anno 1945, vicino a Nag Hammadi in Egitto, e all'anno 1948 a Qumran con i famosi manoscritti del Mar Morto.

Questi manoscritti coprono un periodo che va da 100 anni prima e 100 anni dopo "Cristo" e non c’è un accenno al figlio di dio.

Il Vaticano ha tentato invano di impedire la loro divulgazione per circa quaranta anni, probabilmente per questo motivo.

I vangeli furono scritti nella lingua greca utilizzata nel secondo e terzo secolo e, insieme alla bibbia, furono tradotti in latino nel quarto secolo.

Il libro d’Umberto Eco, "Il nome della rosa", dà un’idea precisa su chi tradusse e su come furono tradotti e compilati i testi antichi.

Il latino utilizzato era un latino ecclesiastico incomprensibile che solo gli iniziati potevano capire; d’altra parte la chiesa si opponeva alla diffusione della bibbia al di fuori delle mani dei sacerdoti, e vietava la sua traduzione in altre lingue.
John Wycliff, il primo che osò tradurre la bibbia in inglese, fu denunciato come eretico e la sua traduzione fu data alle fiamme. All’inizio del sedicesimo secolo, William Tyndale fu strangolato e poi bruciato per aver osato tradurre la bibbia in Inglese. Le traduzioni furono consentite soltanto dopo lo scisma, ma il significato dei testi risultò spesso stravolto a causa dell'influenza culturale del traduttore. Un esempio clamoroso è quello della versione della bibbia ancora in vigore in Papuasia, Nuova Guinea, in cui la popolazione, che conosce solo il maiale, ha fatto diventare maiali tutti gli animali della bibbia (asino, leone e bue) compreso Gesù, "agnello di dio" che è diventato "maiale di dio").

Ritornando alla redazione originaria dei Vangeli, mancando ogni riferimento storico i redattori dei Vangeli costruirono la passione e morte di Gesù mettendosi alla ricerca di tutte quelle espressioni bibliche che, annunciando i fatti sotto forma di profezie, avrebbero dovuto garantire la veridicità delle loro affermazioni.

Estratte così dalla preghiera del "giusto sofferente" (salmo 21) le espressioni : "Si dividono le mie vesti e sul mio vestito gettano la sorte" e "Hanno forato le mie mai e i miei piedi e posso contare le mie ossa ", senza pensarci su due volte, andando contro tutte le leggi sulla crocifissione che volevano che i condannati fossero legati per le braccia con una corda, forarono le mani e i piedi del loro Gesù con i chiodi e misero in mano ai soldati romani i dadi per sorteggiare i suoi vestiti.
Se fecero dire a Gesù prima di spirare: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato" lo fecero perché questa frase, pronunciata da Davide in qualità di profeta, veniva riportata nel Salmo XXII, espressione che, in seguito alla critica degli avversali che fecero rimarcare che non si addiceva a un Salvatore, venuto sulla terra per insegnare la fiducia in Dio, un'espressione di sconforto, cambiarono nel vangelo di Luca con: "Dio mio, Dio mio, rimetto nelle tue mani il mio spirito ".

Se a chi veniva crocifisso durante l'agonia si bagnavano le labbra con un liquido amaro estratto da erbe aromatiche e radici, perché a Gesù dettero invece aceto e fiele? Ebbene la risposta la troviamo nel Salmo LXIX nel quale è scritto: "Quando avevo sete mi dettero da bere l'aceto e nel cibo ci misero il fiele". Queste ed altre cose furono copiate dal Vecchio Testamento per dimostrare che la vita di Gesù, dal momento che era stata annunciata dalle profezie, era vera in tutto, anche nei dettagli. 

Concludiamo con delle affermazioni molto significative


Nel terzo secolo (oltre due secoli dopo Cristo) il filosofo Celso così scriveva ai capi della allora Chiesa Cristiana: "Voi raccontate favole, avete alterato tre, quattro volte e anche più i testi dei vostri Vangeli al fine di mettere a tacere qualsiasi obiezione".

Papa Leone X (1513-1521 d.C), che morì improvvisamente senza motivi apparenti, pare che abbia affermato: "Historia docuit quantum nos iuvasse illa de Christo fabula",“Si sa da tempi remoti quanto ci sia stata utile la favola di Gesù Cristo” (presunta Lettera di Papa Leone X° al Cardinale Bembo).

Si hanno dei dubbi su questa frase in quanto dopo la recente diffusione della presenza di essa, è scomparsa ogni traccia documentale della lettera in questione.
Peggio di Leone X si comportò Paolo III, (1534-1549 d.C), come riferisce l'ambasciatore spagnolo Mendoza, in termini inequivocabili:

Spingeva la sua irriverenza fino al punto di affermare che Cristo non era altro che il sole, adorato dalla setta Mitraica, e Giove Ammone rappresentato nel paganesimo sotto la forma di montone e di agnello.

Egli spiegava le allegorie della sua reincarnazione e della sua resurrezione mettendo in parallelo Cristo e Mitra.

Egli diceva ancora che l'adorazione dei magi non era altro che la cerimonia nella quale i preti di Zaratustra offrivano al loro dio oro, incenso e mirra, le tre cose attribuite all'astro della luce.

Egli sosteneva che la costellazione della Vergine, o meglio ancora d'Iside, che corrisponde al solstizio in cui avvenne la nascita di Mitra, erano state prese come allegorie per determinare la nascita di Cristo per cui Mitra e Gesù erano lo stesso dio.

Egli osava dire che non c'era nessun documento valido per dimostrare l'esistenza di Cristo, e che, per lui, la sua convinzione era che non fosse mai esistito.

Il teologo Carl Schneider in Geistesgeschichte (1, 258) ha detto: "Quel che c'era di bello e di sublime nel mito del Sole venne fatto proprio dal Cristianesimo, Helios divenne Cristo".




Appendice: appello ai credenti





Non dovete credere solo perché alcune cose sono contenute in antichi manoscritti,
non dovete credere solo perché questa è la fede del vostro paese,
non dovete credere solo perché siete stati indotti a farlo dai vostri pavidi genitori e dai vostri maestri, ma ragionate sulla verità delle cose, e se dopo averle analizzate ritenete che possano essere buone, allora credeteci pure e vivete in armonia con esse. Evitate però di costringere gli altri a farlo.

Non vogliamo essere ostili, ma vogliamo basarci sui fatti. Non vogliamo ferire sentimenti, ma vogliamo essere accademicamente corretti, rispetto a ciò che comprendiamo e sappiamo essere vero. La Cristianità, appunto, non si basa sulla verità. Abbiamo scoperto, infatti, che la Cristianità non era niente più che una storia Romana, sviluppata in modo politico. La realtà è che Gesù era la divinità Sole della setta gnostica Cristiana e come tutti gli altri Dei Pagani, era una figura mitologica. È stato l'establishment politico che ha cercato di storicizzare la figura di Gesù per funzioni di controllo sociale. Nel 325 d.C. a Roma, l'imperatore Costantino riunì il Concilio di Nicea. È stato durante queste riunioni che le dottrine cristiane, motivate politicamente, vennero formalmente definite, e da allora ebbe inizio una lunga storia di frodi spirituali e spargimenti di sangue in nome della religione Cristiana. E per i 1600 anni successivi, il Vaticano ha mantenuto la sua forza opprimente su tutta l'Europa, portando periodi "gioiosi" come l'Alto Medioevo, assieme ad eventi "gloriosi" come le Crociate e l'Inquisizione.

La cristianità, assieme agli altri sistemi religiosi teistici, sono la frode di questa Era. È servita per separare popolazioni dal loro habitat naturale, e allo stesso modo, per separare i popoli fra loro. Sostiene una cieca sottomissione all'autorità. Riduce le responsabilità dell'uomo, considerato che è "Dio" che controlla tutto, e oltretutto terribili crimini possono essere giustificati nel nome di uno Scopo Divino. E più importante di tutto, rende più potenti coloro che sanno la verità, ma usano il mito per manipolare e controllare le società. Il Mito Religioso è l'arma più potente che sia mai stata creata, e serve come terreno psicologico sopra il quale altri miti possono sorgere.

La Festa del Solstizio Invernale Il termine solstizio viene dal latino “solstitium”, che significa alla lettera: “arresto del sole”. Nell’emisfero nord della Terra, intorno al 21 dicembre, il sole inverte il proprio moto di declinazione, una volta raggiunto il punto di massima distanza dal piano equatoriale (che corrisponde alla notte più lunga ed al giorno più corto dell’anno); dopo di che, la durata della luce diurna torna gradatamente ad aumentare. Anche se il solstizio d’inverno cade di solito il 21, l’inversione del moto solare diventa apprezzabile solo il terzo o quarto giorno successivo. Da millenni (o forse decine di millenni) sono fioriti culti intesi a celebrare la risalita del sole sull’orizzonte dopo il solstizio invernale: vedere l’astro che dà luce e vita perdere forza e ridurre il suo corso nel cielo, costituisce per l’umanità primitiva e per le civiltà più antiche un’esperienza terribile, una grave minaccia alla propria sopravvivenza, da esorcizzare con opportuni riti e di cui salutare con gioia la cessazione. L’attuale usanza natalizia di bruciare un ceppo nel camino, la notte della Vigilia, rievoca i grandi falò accesi per restituire forza al sole. Non a caso, la data del 25 dicembre è stata adottata da numerose culture umane per festeggiare la nascita – o la rinascita – di personaggi dai tratti divini, a partire da tradizioni che precedono di secoli o perfino di millenni la comparsa del cristianesimo: valgano come esempi il dio egizio Horus, o gli dei babilonesi Tammuz-Yule e Šamaš. Nella stessa data è collocata anche la nascita di Zarathustra, Kèzqa, Dioniso, Adone, Attis, Balder e Freyr. In particolare, il 25 dicembre veniva festeggiato in varie parti dell’Impero Romano come il “Dies Natalis Solis Invicti”, in onore del dio indo-persiano Mitra, e celebrazioni affini erano dedicate ad altre divinità solari, quali Elagabalus (ad Emesa) o Helios (a Petra). Tra le feste più antiche di cui si hanno notizie abbastanza precise, vi sono quelle babilonesi per la nascita del dio Tammuz, ovvero per il suo ritorno dall’oltretomba.  
La celebrazione comprendeva l’adorazione di certe statuette, disposte in uno scenario campestre – che per alcuni rappresenterebbero un’anticipazione degli attuali presepi (in proposito, vedi anche l’appendice). Nell’occasione si usava addobbare gli alberi con alcune sfere dorate (esplicito simbolo sessuale, collegato alla fertilità maschile). Tammuz era spesso raffigurato con un’aureola formata da dodici stelle (i dodici mesi, le dodici costellazioni dello zodiaco). Altrettanto antica è la tradizione egizia relativa al dio Horus, figlio di Iside e Osiride, nato pure il 25 dicembre, con la missione di vendicare la morte del padre (dio della vegetazione e della fertilità), riportando nel mondo la vita e l’ordine. Le rappresentazioni di Horus in braccio a Iside ricordano da vicino l’iconografia cristiana della Madonna col bambino. Anche l’indo-persiano Mitra (dio dell’amicizia, spesso indicato come il “Salvatore”) era una divinità solare la cui nascita ricorreva il 25 dicembre. Il mito narra che il dio nacque da una vergine, in una grotta, e che all’avvenimento assistettero alcuni pastori che gli offrirono dei doni. Interessante anche la circostanza che a Mitra venivano attribuiti dodici discepoli. Un Salvatore, pure nato da una vergine, era atteso del resto anche dai seguaci di Zoroastro (così veniva chiamato in greco Zarathustra), i più sapienti dei quali erano indicati come “Magi”. 1 Il mito di Tammuz – o meglio, una sua particolare versione – narra la discesa agli inferi della sua sposa Ištar, che riesce infine ad ottenerne la resurrezione. Tammuz (chiamato pure Nimrod) rappresenta qui il sole che torna ad illuminare la terra, come anche la natura che riprende il suo ciclo vitale. Le figure di Ištar e Tammuz sono molto affini a quelle, presenti nel mito greco, di Afrodite e Adone (divinità, quest’ultima, legata al mondo vegetale che, come un albero, torna a rivivere anno dopo anno). Secondo altri miti mesopotamici, Tammuz (che in questo caso prende anche il nome di Yule, cioè: “neonato”) sarebbe invece il figlio di Ištar e del dio-sole Baal. Tutto ciò configura un rapporto simile a quello tra la dea egizia Iside e gli dei Osiride e Horus (vedi più avanti), oltre ad esporre a pesanti pettegolezzi la figura della dea babilonese, che infatti la tradizione ebraico-cristiana identifica sovente con l’incestuosa regina Semiramide. 
I rituali solari erano per ovvie ragioni collegati alla fertilità, da cui l’usanza diffusa anche negli antichi riti solstiziali celtici e germanici, come pure in quelli greci e romani, di celebrare le feste con atti sessuali. Più attendibile sembra comunque la simbologia – di matrice nordica – per la quale le palle che addobbano tradizionalmente l’albero (immagine della vita) rappresenterebbero essenzialmente l’astro solare. Altro dio legato al culto del sole era Attis, celebrato nell’antica Frigia con gli epiteti di “Figlio unigenito” e di “Salvatore”, che spesso era raffigurato in forma di agnello. Come ricorda Frazer, nel Ramo d’oro, la sua morte e risurrezione erano commemorate, ogni anno, con una festa – che, in questo caso, si teneva solitamente in primavera. I Greci festeggiavano Dioniso, soprattutto nei giorni del solstizio invernale, con feste dette Lènaia (“delle donne selvagge”), in cui era rappresentato il dio che rinasceva bambino, dopo essere stato fatto a pezzi ed aver dimorato per tre giorni nel regno dei morti. Il tema della morte-rinascita era anche al centro dei misteri orfici. Nel calendario romano, i giorni dal 17 al 24 dicembre erano dedicati alla celebrazione dei Saturnalia, le feste in onore del dio Saturno (corrispondente al greco Chronos: il Tempo). Dopo la cerimonia del sacrificio, le autorità religiose e civili davano vita ad un convivium publicum, mentre nelle case le famiglie festeggiavano con grandi banchetti. Ai bambini si regalavano bambole, ed anche gli adulti si scambiavano doni e auguri: il nostro termine “strenna” deriva dal latino strena, che significa “presagio”, “augurio”, ma anche “dono augurale”. In epoche successive, decaduti i Saturnalia, i caratteri di tale festa furono trasferiti in parte al Capodanno ed in parte al Carnevale. Un’origine pagana va attribuita quasi certamente anche all’usanza natalizia di appendere sulla soglia di casa rametti di vischio, visti come propiziatori di benessere. Plinio c’informa (Naturalis Historia XXIV, 193-194) della tecnica rituale di raccolta del vischio presso i Celti e del significato magico che a tale pianta attribuivano i Druidi. I Celti chiamavano il vischio “quello che guarisce ogni cosa”: da esso si ricavava infatti una bevanda che veniva considerata una specie di medicamento universale. A proposito del vischio, le leggende nordiche parlano di Balder il bello: dio giusto e benefico, che muore ucciso da una freccia, fatta proprio con legno di vischio e scoccata dal cieco Hoeder, dio delle tenebre. In alcune versioni, Balder giace morto per 40 giorni, al termine dei quali si risveglia e regna (allegoria del sole che, a 68 gradi di latitudine, resta spento per 40 giorni, sopraffatto dalle tenebre invernali). La freccia di vischio è indizio di una nuova vita che sorge dalla morte stessa (perché in grado di attraversarne la soglia): per i popoli germanici, il vischio era “la pianta del gelido inverno” ma anche “il ramo salutare”. Come profetizzato dalla Sibilla, “I campi non seminati daranno il loro prodotto; tutti i dolori saranno sanati; Balder ritornerà”. Per concludere, citiamo alcune celebrazioni precolombiane localizzate nel Messico e nell’America centro-meridionale. In corrispondenza del nostro 25 dicembre, le popolazioni azteche e pre-azteche festeggiavano la nascita del dio del sole Huitzilopochtli, o di Quetzalcoatl, mentre nello Yucatan si celebrava Bacab, il dio-sole nato dalla vergine Chiribirias. Anche nell’emisfero Sud le popolazioni incaiche e preincaiche festeggiavano il solstizio d’inverno (Inti Raymi) che, essendo le stagioni rovesciate rispetto al nostro emisfero, cadeva il 24 giugno: questa festa è celebrata ancora oggi dalle popolazioni che abitano le regioni andine, col nome di Fiesta del Sol. Il Natale non figura invece tra le prime festività celebrate dalla Chiesa cristiana: esso non è citato, ad es., da Ireneo o da Tertulliano – né il giorno 25 dicembre compare in alcuno dei vangeli canonici (del resto, il censimento di cui parla Luca difficilmente avrebbe potuto tenersi nei mesi invernali, quando è ben più problematico mobilitare un’intera popolazione). Senza contare che l’usanza cristiana, in generale, era di celebrava la morte delle persone importanti, piuttosto che il giorno della loro nascita. La data della maggiore festività cristiana del mondo occidentale è stata fissata dalla Chiesa con papa Giulio I (IV secolo) che, non potendo abrogare la tradizione del culto solare (tanto sentita dalla popolazione di tutto l’Impero), si risolse ad utilizzarne la data riferendola anche alla nascita di Gesù. Si trattò quindi, per certi aspetti, di un caso di sincretismo, ossia della fusione di elementi religiosi appartenenti a contesti diversi: è un fatto che, per tale motivo, i cristiani della Mesopotamia accusarono di idolatria i loro confratelli occidentali. Riguardo alla figura di Babbo Natale, è il caso di ricordare che, per quanto questo personaggio abbia ormai un passaporto nordico (e vesta un tipico costume da elfo delle leggende germaniche), le sue origini sono schiettamente mediterranee. La sua identità originaria è infatti quella di Nicola, santo vescovo di Mira, vissuto verso la metà del IV secolo, e associato nel calendario al giorno 6 dicembre. Il culto di questo santo, benefattore e patrono dei bambini, si diffuse dalla meridionalissima Bari ai paesi germanici, dove egli cambiò il suo nome in Nikolaus, mantenendo peraltro il proprio rapporto amichevole con i fanciulli. Dopo la Riforma, i protestanti di Germania, Olanda e Svizzera, gli affidarono il compito di portare doni ai bambini, attribuendogli – in una singolare commistione di miti – un’origine più o meno polare ed assegnandogli come mezzo di locomozione una slitta trainata da renne (a detta dei più, capaci persino di volare). Gli americani, nella loro smania di appropriarsi di tutto, lo adottarono infine col nomignolo di Santa Claus. 
 Allo stesso modo, i festeggiamenti di San Giovanni Battista hanno sostituito la festa dell'acqua, che era celebrata a mezz'estate, mentre la festività dell'Assunzione della Vergine ha preso il posto delle celebrazioni in onore della dea Diana. Appendice: il Presepe Il termine Presepe deriva dal latino praesaepe o praesaepium, cioè “greppia”, “mangiatoia” (etimologicamente: “luogo chiuso che ha di fronte un recinto”). Nella cultura etrusca e latina era profondamente radicato il culto dei lari, cioè degli antenati defunti che, secondo la tradizione, vegliavano sul buon andamento della casa e della famiglia. Ogni antenato era rappresentato da una statuetta, di legno, di terracotta o di cera, chiamata sigillum (cioè: piccolo segno, piccola immagine) e le statuette venivano collocate in apposite nicchie e, in particolari occasioni, onorate con l’accensione di una fiammella. In prossimità del solstizio invernale (20 dicembre) si svolgeva una festa, detta Sigillaria, durante la quale ci si scambiavano in dono, tra parenti, i sigilla dei familiari defunti durante l’anno. Compito dei bambini, mentre la famiglia si riuniva nella casa patriarcale, era di pulire le statuette e disporle, secondo la loro fantasia, in un piccolo recinto che rappresentava un ambiente bucolico in miniatura. La famiglia si riuniva poi dinanzi al recinto, per invocare la protezione degli avi, lasciando in offerta ciotole con cibo e vino. Il mattino seguente, al posto delle ciotole, i bambini trovavano giocattoli e dolci, che si diceva loro esser stati portati in dono dai nonni e bisnonni trapassati. Dal IV secolo d. C., grazie alla loro crescente influenza politica e culturale, i cristiani trasformarono simili riti in celebrazioni legate alla nuova fede, mantenendo allo stesso tempo le vecchie date. Trattandosi di una tradizione molto antica e particolarmente sentita (perché dedicata alle onoranze per i familiari defunti), il presepe conservò tuttavia invariato, nella cultura rurale (inizialmente designata come “pagana”), il significato originario. Ciò si protrasse anche dopo la definitiva cristianizzazione dell’Italia e dell’Europa, perdurando almeno fino al XV secolo e, in alcune regioni italiane, fino ad epoche ancor più recenti. Il presepe moderno ha una tradizione quasi interamente italiana, che di solito si fa risalire all’epoca di San Francesco d’Assisi. Fu quest’ultimo che realizzò a Greccio, nel 1223, la prima rappresentazione vivente della Natività. Sebbene esistessero già da tempo immagini e raffigurazioni della nascita del Cristo, si trattava solo di rappresentazioni sacre, collegate alle varie liturgie del periodo medioevale. Per i primi presepi veri e propri dobbiamo aspettare però il XV secolo, quando si diffuse l’usanza di collocare permanentemente nelle chiese grandi statue raffiguranti i personaggi della Natività; usanza che si estese ulteriormente nel secolo successivo. Dal XVII secolo il presepe iniziò a diffondersi anche nelle case aristocratiche sotto forma di soprammobili o di vere e proprie cappelle in miniatura. A ciò contribuì certamente l’invito rivolto dal papa ai cattolici durante il Concilio di Trento: secondo lo spirito generale della Controriforma, a certi rituali ed a certe immagini di immediato impatto sul sentire popolare, veniva attribuita una grande capacità di trasmettere e conservare la fede (conformemente ad una tesi già avanzata da Pascal). Nel XVIII secolo, in particolare a Napoli, si scatenò una vera e propria competizione tra famiglie per esibire il presepe più bello e sfarzoso: molti nobili dedicavano allo scopo intere stanze, ricoprendo le statue di tessuti pregiati e di gioielli autentici (e questo a Pascal sarebbe piaciuto un po’ meno). Nello stesso secolo, a Bologna, fu istituita la Fiera di Santa Lucia: annuale mercato di statuine prodotte da artigiani locali, che prosegue ancor oggi. Con i secoli successivi e fino ai giorni nostri, il presepe si è esteso, anche se ovviamente in forma più sobria, agli appartamenti della borghesia e del popolo. Molti ignorano che gran parte dell’ambientazione e delle figure utilizzate nel presepe deriva dai Vangeli apocrifi o da testi ancor più antichi: gli scritti canonici parlano della natività in modo piuttosto vago, e quasi senza particolari scenografici. Per citare solo alcuni elementi, il bue e l’asinello, immancabili in ogni presepe, derivano da un passo del profeta Isaia, in cui si legge: “Il bue ha riconosciuto il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone”. Ci sono motivi per dubitare che Isaia si riferisse proprio alla nascita del Cristo; comunque l’immagine dei due animali è stata spesso intesa come simbolo degli ebrei (il bue) e dei pagani (l’asino) posti di fronte al mistero della Natività. Anche la stalla – o la grotta – in cui Maria avrebbe dato alla luce il Messia non compare nei Vangeli canonici: Luca cita solo i pastori e la mangiatoia, ma né lui né alcuno degli altri evangelisti parla esplicitamente dell’ambiente in cui quest’ultima sarebbe stata collocata. Canoniche sono invece le figure dei tre Magi, benché citate dal solo Matteo.






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