La Leggenda della Mitica Città di Rama
Le reminiscenze secolari che si tramandano da generazioni
in questa vallata [la Val Susa] hanno trasmesso fino al ventesimo secolo la leggenda della
splendida Rama. È forse il mito più importante, il ricordo sbiadito nei fumosi
meandri del passato di una città favolosa avvolta perennemente in un alone di
mistero. Si sa ben poco di questa civiltà che forse ha contribuito in modo
decisivo all’evoluzione dei futuri abitanti della Valle, anche se questo
territorio ha visto il passaggio di popolazioni di diversa origine che hanno
lasciato indelebili tracce delle loro tradizioni e della loro primitiva
cultura; l’eco lontano degli splendori e dei giorni magici di Rama è volato
oltre le invalicabili barriere spazio temporali ed è giunto sino a noi per
testimoniarci i prodigi di uomini evolutissimi, veri maestri di scienza e arti
magiche il cui ricordo si è tramandato nei secoli. Alcune tradizioni li
indicano provenienti dall’India e il nome Rama dato alla futuristica città lo
confermerebbe, in quanto questo appellativo ricorda una delle principali
divinità di quella spiritualissima e lontana contrada. Altre ne ipotizzano
l’origine da un remota terra oltre l’oceano Atlantico, distrutta da un tremendo
cataclisma: essi, sfuggiti miracolosamente ad un destino di morte sicura,
approdarono con le loro navi sulle coste europee e si diffusero in diverse
località del continente. Sparuti gruppi di questi fantastici uomini, giunti in
val di Susa, probabilmente attraverso le Alpi, costruirono una città ciclopica
e favolosa, dimostrandosi depositari di una cultura e di una preparazione
scientifica decisamente superiore. L’incomparabile Rama, urbe dai mille
splendori la cui origine è datata in tempi antichissimi, fu edificata alle
falde dell’aspro Rocciamelone o Roc-Maol, secondo l’idioma celtico. Si dice
costruita con enormi massi di pietra, perfettamente squadrati e collocati uno
sull’altro con una tecnica perfetta di ingegneria che dimostra l’alto grado di
preparazione dei suoi misteriosi edificatori. Circondata dalle rocciose ed
impervie montagne che ne delimitavano i confini come autentiche sentinelle
naturali, era un vero simbolo di potenza e di somma regalità. Possedeva ampi e
lunghissimi portici che si estendevano dall’attuale paese di Bussoleno fino
alle ghiaie desolate di Bruzolo e terminavano alla riva della Dora Riparia.
Tutte queste costruzioni erano situate sul lato destro del succitato rivo e si
diramavano verso l’attuale complesso premontano di Susa. Essa era la capitale,
il centro di governo di un’immensa megalopoli che iniziava con approssimazione
dal territorio ove al presente sorge la città valsusina e si proiettava con
un’agglomerato urbano di enormi dimensioni fino alle porte della metropoli
della Mole. Una trentina di chilometri o poco meno, un panorama di fantascienza
pura per l’odierno abitante della Valle che pur dando sfogo alla più sfrenata
fantasia non può realizzare completamente tutte le meravigliose creazioni di
cui faceva sfoggio questa mitologica civiltà. Nel secolo scorso, parecchi
ricercatori si occuparono dell’enigmatica questione, con l’intento di reperire
testimonianze e fatti concretamente dimostrabili che ne avvalorassero
l’esistenza remota. Rama era la città vera e propria, sede del popolo e dei
sapienti. In essa svolgevano le consuete attività commerciali di una reale
vasta metropoli, in essa fiorivano e si diffondevano le attività intellettuali.
Esisteva un’università di studi e una biblioteca di enormi dimensioni che
conteneva volumi di storia, di scienze e di filosofia. È trapelato che alcuni
studiosi nel secolo passato hanno avuto l’incredibile fortuna di vedere uno di
questi antichissimi testi e di averne copiato poche parti che naturalmente
risultarono indecifrabili. Il Roc-Maol, era la sede estiva degli abitanti di
Rama che, con l’avvento delle afose giornate, si trasferivano sui suoi pendii
alla ricerca della frescura montana. La vetta era riservata ai sacerdoti e ai
sapienti che si riunivano per osservare, discutere e studiare i fenomeni
celesti. Ai piedi dell’attuale Bosco Nero esisteva un giardino di estensione
notevolissima che al tempo della fioritura rivelava tutti i suoi splendori,
presentando alberi incantevoli e fiori stupendi, incredibilmente rari che lo
rendevano simile ad un terrestre paradiso. Dalle poche descrizioni giunte fino
a noi si apprende che i loro caratteri morfologici li distinguevano nettamente
dalle altre popolazioni montane: scurissimi di pelle, con lo sguardo fiero e
penetrante unito ad una bellezza non comune, abbinata ad un fisico perfetto,
erano immunizzati da qualsiasi malattia del loro tempo e questa caratteristica
decisamente utopistica li accompagnava sino alla morte che avveniva solamente
per vecchiaia, a tardissima era. Ciò significa con tutta probabilità che i loro
biologi e scienziati avevano raggiunto traguardi elevatissimi che purtroppo si
sono persi in un apocalittico disastro naturale. Millenni di studi e di
vittorie sull’arcigna natura sono scomparsi in un attimo ad eterna conferma
dell’estrema caducità delle cose umane. Erano preparatissimi oltre che nelle
scienze razionali anche nelle occulte espressioni del sapere: esoterismo,
magia, alchimia, non avevano segreti per il loro spirito indagatore, li
ricorderemo come formidabili maghi che sapevano cogliere e decifrare i più
reconditi segreti naturali con semplicità ed intuito ultraterreno, essendo
discendenti e depositari di una cultura decisamente più progredita e non di
secoli ma di millenni rispetto alla nostra attuale… Si dice che il loro simbolo
magico fosse il TA, un misterioso segno del quale non si sono tramandati le
proprietà e gli effetti che unito a formule nebulose, a noi del tutto
sconosciute, consentiva ai loro sapienti di dominare l’universo e la natura. A
questo punto il reale e l’irreale si fondono in un’unica essenza e i loro
confini diventano indecifrabili e suscettibili di repentini cambiamenti. Noi
prendiamo nota di queste pur notevoli ricerche ma non ci sentiamo disposti di
avallarne gli esiti nella loro totalità. Alcune leggende raccolte dopo studi
minuziosi ci riportano la storia tristissima della loro fuga da una patria
ormai scomparsa tra i marosi, naufraghi sperduti in un oceano spietato, ultimi
sopravvissuti d’un popolo altamente e spiritualmente evoluto, decimato e
distrutto da un tremendo maremoto che inabissò la loro terra in un allucinante
disastro naturale. Raggiunto per volere Divino un nuovo e sospirato litorale
dopo aver affrontato i pericoli di ondate gigantesche e la furia deleteria
delle tempeste oceaniche, peregrinarono per il continente europeo e dopo aver
valicato le Alpi si fermarono nella nostra vallata perché proprio in quel luogo
avevano trovato un raro materiale che essi impiegavano per i loro scopi
segreti. Scavarono vere e proprie miniere: ancora oggi i vecchi valligiani ci
tramandano una incredibile serie difatti leggendari tra cui si narra che i loro
enigmatici strumenti di lavoro siano rimasti sepolti in quelle fantomatiche
cave estrattive, un tesoro che non ha prezzo e potrebbe cambiare totalmente
l’esistenza di un ipotetico fortunato ricercatore, in quanto i favolosi maestri
estrae-vano il minerale con quell’aggeggio sconosciuto, estirpandolo con la
sola luce emanata dal succitato ordigno di lavoro, forse un raggio ignoto con
proprietà oltre il limite della nostra immaginazione. Si ricorda che persino i
Romani effettuarono delle ricerche particolari nel Bosco Nero sperando con
un’indagine metodica di reperire i desiati strumenti da scavo che si supponeva
fabbricati con misteriose formule alchemiche. Quindi l’eco lontanissimo della
loro potenza e le incredibili invenzioni del loro genio erano giunte attraverso
i secoli ad interessare l’Impero Romano che continuò lo scandaglio della zona
anche per ritrovare la città nascosta nella roccia viva del Roc-Maol. Ma
purtroppo i loro sforzi risultarono vani, la crudele montagna non lasciò
trapelare i suoi segreti e valanghe di scoperte rivoluzionarie, patrimonio di
una civiltà superiore, continueranno ad essere prigioniere, incastonate nella
durissima e spietata roccia! La fantastica Rama, come sostengono alcuni
studiosi dell’ottocento, scomparve all’improvviso, distrutta da un diluvio
terrificante che provocò enormi frane sulla montagna precipitando masse
spaventose di terra e roccia dai monti circostanti. Oppure, come asseriscono
altri, vi fu un apocalittico terremoto che la inghiottì in una voragine senza
fine, chiudendola poi per sempre con un sinistro suggello, cancellando quasi
totalmente i segni inconfondibili della sua esistenza e del suo splendore.
Anche se la verità forse non la sapremo mai, evidentemente qualche traccia rimase
e la supposizione è confermata da quelle leggende, così tenaci e precise nei
particolari, raccolte nei punti più disparati della Valle che testimoniano una
cultura che seppe rivivere nei discepoli dei grandi maestri che erano stati gli
antichi dominatori di Rama. Esistono nella Valle delle credenze che indicano
per certo il ritorno di un personaggio, i cui poteri sovrumani lo rendono
superiore al Cristo. Questa leggendaria asserzione è stata desunta dalle
“Memorie mirabili de L l’Abate Francis” del 1789. Sono forse speranze
politeistiche? Può essere il grande amore per questa terra a farle sognare,
quasi un delirio che li porta ad imbastire leggende e a modificare quelle
tradizionali? Chissà? Tanti interrogativi con uno forse più grande ed
importante: cosa rappresenta la Valle di Susa nella storia segreta
dell’Umanità? Comunque nel libro succitato si narra la fiaba tipicamente pagana
di Fetonte, figlio del Sole, che precipitò al suolo non essendo riuscito a
manovrare il carro celeste del padre. Le tradizioni ci tramandano che ciò
avvenne quando sul nostro pianeta la massa gelida delle nevi eterne dominava
incontrastata, una glaciazione che lo rendeva desolato e deserto. Ma Fetonte
secondo il folclore locale non era una persona bensì un oggetto semi divino e dove
cadde si aprì un’enorme fossa in cui poteva starci un’intera città, forse
Torino le cui origini leggendarie sono legate ad un menzionato Fetonte,
principe egizio, anche se le leggenda di Augusta Taurinorum si svolge ed è
tramandata in termini totalmente diversi… Quel misterioso oggetto fu ritrovato
dopo alcuni anni, perfettamente in tatto e si dice che possedesse la non comune
proprietà di evocare gli dei, in fatti così è successo secondo un’ancestrale
tradizione: quando la grande isola Atlantide sprofondò negli abissi, molti
superstiti giunsero nella Valle, quasi guidati da un prodigioso disegno
ultraterreno e trovarono ivi dimora, costruendo una città senza confronti. Così
ci narra l’Abate Francis ma a questo punto ci viene spontaneo l’accosta mento con
la repentina sparizione di Rama, forse distrutta da un incidente cosmico
fortuito o voluto: e se voluto, da chi? Ma chi era in realtà questo popolo?
Forse i pochi scampati all’immenso cataclisma che distrusse la mitica
Atlantide; Probabilmente non lo sapremo mai e il dubbio aleggerà per sempre
sovra no nelle nostre menti ormai totalmente affascinate da tanto mistero!
Certo che se la succitata supposizione fosse vera, quali tremendi misfatti
devono aver commesso i supremi Atlantidei per essere perseguitati in
continuazione dalle catastrofi naturali che condannarono gli sparuti superstiti
essere tanti erranti senza patria, alla continua ricerca di un approdo e di un
sito sicuro per continuare a vivere? Forse è una punizione Divina che li
perseguita per i misfatti o colpe commesse quando il loro impero era all’apogeo
nel nostro pianeta? Certamente non è facile sciogliere l’enigma ma è quasi
certo che nella Valle di Susa alcune persone appositamente selezionate si
tramandano da gene razione in generazione l’alto onere di Custodi Secolari del
tremendo segreto lasciato agli eredi di Rama… e gli antichi maestri, forse da
una sconosciuta dimensione immateriale vegliano su di loro affinché tutto si
compia come predisposto dall’Essenza Suprema, fine e principio di ogni cosa,
che gravita da sempre nella miriade di universi che compongono il Creato!
Tratto da "Magia e Leggenda in Valle di Susa" di Antonio
Zampedri
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